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Beniamino Gigli il Cantore dell'umanità

Daniela Favi Borgognoni, 26/11/2007

In breve:
Il 30 novembre p.v. ricorre il 50º anniversario della morte del grande tenore Beniamino Gigli, illustre voce ed umile uomo che ha fatto la storia della lirica mondiale.


Beniamino Gigli nasce a Recanati (MC) il 20 Marzo 1890 da umilissima famiglia, suo padre era ciabattino e sacrestano-campanaro della Cattedrale di Recanati. Ultimo di sei fratelli, cominciò prestissimo a guadagnarsi da vivere (8 anni) lavorando come aiuto sarto, garzone di falegnameria, aiuto fotografo ed anche garzone di farmacia.
Con la sua “vocetta argentina”, fu subito accolto nel coro dei “Pueri Cantores” della Cattedrale; amava cantare liberamente, soprattutto dall'alto della torre del Duomo cosa che gli valse il primo appellativo di “Canarino del Campanile”.

A 17 anni, si trasferì a Roma per studiare canto ed entrare nella Cappella Sistina, cosa che non gli fu concessa avendo egli superato i 15 anni di età.
Cominciò così a lavorare come aiuto fotografo ed aiuto farmacista fino a quando alcuni intenditori lo presentarono al celebre baritono Antonio Cotogni che lo affidò alle cure del Mº Enrico Rosati, tenore lirico e valido insegnante, anche presso l'Accademia di S. Cecilia ove rimase per 2 anni grazie ad una borsa di studio.

Beniamino Gigli in La Forza del Destino di Giuseppe VerdiNel 1914 si presentò ad un concorso lirico indetto dal Teatro Regio di Parma risultando primo di 105 candidati ed il 15 ottobre 1914 debuttò presso il teatro Sociale di Rovigo nell'opera “Gioconda.” Nel 1915, dovendo cantare il ruolo di Cavaradossi nella Tosca di Puccini, il Mº Rosati lo volle sottoporre al giudizio del Grande Maestro che, dopo averlo ascoltato in “E lucevan le stelle”, gli chiese: ”Dimmi, giovanotto, chi ti manda… Dio?
A novembre del 1918 cantò alla Scala in “Mefistofele” diretto dal Mº Arturo Toscanini e fu un trionfo.
Il 26 novembre 1920 esordì al Metropolitan di New York, primo cantante lirico a cantarvi a soli 30 anni, ove rimase incontrastato protagonista per 12 anni (dal 1920 al 1932) succedendo al mitico Enrico Caruso, precocemente scomparso nel 1920.
La sua fu una radiosa carriera che lo vide protagonista in tutti i teatri del mondo fino al 1955; verso mezzogiorno del 30 novembre 1957 a Roma il “Cantore del popolo” spirò.

Durante la sua carriera ebbe modo di conoscere (e seguirne i dettami) i grandi Maestri Pietro Mascagni, Umberto Giordano, Francesco Cilea, Franco Alfano, Ildebrando Pizzetti, Don Lorenzo Perosi, Don Licinio Refice, Ruggero Leoncavallo tenendo in repertorio ben 62 opere e ricusando l'offerta fattagli da Giacomo Puccini che lo desiderava come primo interprete del suo Calaf; pur ringraziandolo di cuore della proposta non ritenne la tessitura della sua voce perfettamente adeguata a quella parte (!!!!)

Beniamino Gigli in La Bohème di Giacomo Puccini Di lui è stato detto “…con la sua voce ha procurato milioni per i poveri di ogni paese, ha allietato i bimbi nelle scuole, i detenuti nelle carceri, ha alleviato i dolori degli ammalati negli ospedali….ha cantato per i sinistrati, per i reduci, per i feriti di guerra….la magia del suo canto lo aveva innalzato a “Cantore dell'umanità”.
Così di lui scrisse Fedele D'AmicoForse non è un caso che il fraseggio di Gigli attinga le suggestioni dalle notti lunari e silenziose delle colline marchigiane. La sua capacità di definire immediatamente il senso della melodia al suo esordio, alla prima battuta, richiama subito alla mente, ed è subito come dire “Dolce e chiara è la notte e senza vento”.

Vorremmo qui precisare che la vita del Grande Gigli non fu priva di amarezze e delusioni pur tuttavia egli amava così asserire: ”Sono nato povero, è mio dovere aiutare i poveri”; a testimonianza di questo pensiero, i numerosi doni di riconoscenza conservati nel museo a lui dedicato di Recanati nonché il fatto che di oltre 4000 performances affrontate, 1500 siano state fatte per beneficenza.

Otre ad alcune foto del Grande Tenore, vogliamo pubblicare una pagina autografa che attesta, ancora una volta, quanto l'umiltà sia la virtù dei veri Grandi.

Scritto autografo di Beniamino Gigli

New York Novembre 29/1921

Parlare del Successore di Caruso
è sacrilegio, è profanare la Sua
memoria, è violare una tomba
sacra all'Italia ed al mondo intero!
Gli sforzi d'ogni Artista debbono
mirare, oggi, a raccogliere e conservare
l'eredità artistica del Grande Scomparso,
non con vanitose esibizioni, ma con
tenace studio per il trionfo del puro
e del bello!
Egli così lottò, e noi, per la gloria dell'Arte,
dobbiamo con dignità, seguirne l'esempio!

Beniamino Gigli

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