Il campo italiano propone ai giovani (e meno giovani) cantanti lirici una prospettiva freelance. La Germania invece offre anche contratti di almeno un paio d'anni tanto per iniziare, la sicurezza di un'istituzione teatrale, i contributi pagati ecc. Da una parte quindi la sicurezza, dall'altra l'avventura e il sogno, da una parte un dignitoso stipendio statale, dall'altro cachet variabili.
Cos'è meglio? Non c'è una strada giusta e una sbagliata, ognuno deve porsi una serie di domande e capire che genere di via gli si addica di più; inoltre una strada non esclude per forza l'altra. Nel corso della mia vita ho visto molti amici trovare grandi ingaggi, poi mettersi al sicuro in un ensemble di un grande teatro e appoggiarsi a una forte agenzia di ambito europeo, per fare magari quel paio di produzioni fuori dal proprio teatro e mantenere così viva la propria fama internazionale.
Il “sacro quadrilatero” di lingua tedesca è costituito da Monaco di Baviera, Berlino, Vienna e Zurigo. Ovviamente parlo dei teatri più importanti, i tre Staatsoper e l'Opernhaus.
LA LINGUA
La prima cosa che dovrebbe essere basilare per poter pensare di andare a lavorare in Germania in un ensemble come solista è la conoscenza della lingua tedesca. Se non una padronanza completa dell'idioma, bisogna avere comunque una certa infarinatura, un livello tale di padronanza, insomma, che possa consentirvi di lavorare in teatro senza creare disagi ai colleghi e ai direttori.Se per un caso fortuito venite selezionati a un'audizione nonostante non avete ancora conoscenza della lingua tedesca, è sicuramente appropriato che impariate a parlarla un po' per l'inizio del vostro contratto. Apprendere il tedesco prima di cominciare la vostra avventura professionale denoterà il grado di serietà nei confronti dell'incarico ottenuto e del teatro che vi ha ingaggiato.
FACH
Questo termine tedesco – che significa letteralmente “scompartimento” – designa un sistema di categorizzazione delle voci per il teatro lirico in base alla loro ampiezza, alla loro tessitura e al loro colore timbrico. È utilizzato in tutto il mondo ma a usufruirne maggiormente è l'ambiente tedesco. Diciamo che è una sorta di convenzione utile sia per i teatri sia per i cantanti stessi: in primo luogo, rende più facile il lavoro del casting degli ensemble e rende maggiormente fluida la decisione dei titoli nelle programmazione; d'altra parte, tutela i cantanti che, senza un'”etichetta” ufficiale della loro categoria vocale, sarebbero costretti a cantare di tutto. Ovviamente non è possibile chiedere, faccio per dire, a un tenore di cantare nel ruolo di Nemorino come primo titolo della stagione e poi chiedergli di fare Otello (ovviamente porto un esempio esageratissimo, ma è per rendere l'idea).
È una categorizzazione rigida, ma che vede anche alcuni ruoli appartenere a più Fach, ciononostante, molti cantanti non si trovano assolutamente comodi con questo metodo. Ciò può dipendere dalla propria natura vocale: ovviamente, trattandosi di una categorizzazione, si va incontro ad alcuni disagi, ma allo stesso tempo, come accennavo sopra, si rivela un metodo di tutela della propria salute vocale. Una guida, che è per così dire la Bibbia sull'argomento, è l'Handbuch der Oper, scritto da Rudolf Kloiber, Wulf Konold e Robert Maschka.
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