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Recensione opera L'incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi - Teatro Alla Scala di Milano

William Fratti, 16/02/2015

In breve:
Milano - Recensione dell'opera lirica L'incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi in scena al Teatro La Scala di Milano il 10 febbraio 2015.


Mettere in scena ed in musica L'incoronazione di Poppea di Claudio Monteverdi – in parte attribuita a Francesco Cavalli – non è cosa facile, innanzitutto per le confuse e le dubbie provenienze dello spartito.

Rinaldo Alessandrini, esperto conoscitore del compositore cremonese, compie – come scritto in locandina e spiegato nel programma di sala – una collazione acritica, revisione, completamento ed edizione dei manoscritti cosiddetti di Venezia e di Napoli e ciò che ne scaturisce è un'esecuzione di alto livello musicale, precisa, accorta e di gran classe, soprattutto rispettosa dello stile originario dell'epoca di composizione. Lavoro eccellente, sapientemente seguito dai quindici musicisti presenti in buca.

Lo spettacolo interamente firmato da Robert Wilson, che rimanda evidentemente al teatro elisabettiano, è un tripudio di raffinatezza ed eleganza. La suggestiva scenografia, realizzata con la collaborazione di Annick Lavallée-Benny, allude all'antica Roma, mentre i bellissimi costumi di Jacques Reynaud si rifanno al tempo di Monteverdi, dunque al primo Seicento italiano.

La regia di Wilson, coadiuvato da Tilman Heckner, da Fani Sarantari nei movimenti coreografici e da Ellen Hammer alla drammaturgia, è di gusto ricercato e finissimo, interamente concentrata sulla gestualità e la mimica. Il palcoscenico è pressoché vuoto e freddo, in modo tale che la concentrazione dello spettatore non si sposti mai dai singoli personaggi, dunque dalle bellissime parole del libretto di Giovan Francesco Busanello.

Miah Persson è una brava e corretta Poppea, ma non spicca né per il canto, né per l'interpretazione e altrettanto buona è la prova del Nerone di Leonardo Cortellazzi, soprattutto nel delicatissimo duetto con Lucano; ma per entrambi è abbastanza udibile il fatto che non siano specializzati in questo tipo di repertorio.

Entusiasmante, soprattutto sotto il profilo drammaturgico, l'Ottavia di Monica Bacelli, che mostra anche una certa naturalezza e morbidezza nella linea di canto, omogenea e pulita. “Disprezzata regina” è elettrizzante.

Altrettanto eccellente è l'Ottone di Sara Mingardo, che in alcuni passaggi esegue dei suoni davvero bellissimi. Ottimi i pianissimi. È toccante in “Otton, torna in te stesso!”.

Bravo Andrea Concetti nei panni di Seneca, anche se si sarebbe preferita una voce più scura.

Molto buona la resa vocale della Drusilla di Maria Celeng, come pure quella dell'Arnalta di Adriana Di Paola, che si distingue soprattutto per il gusto baroccheggiante.

Bravissimo il Mercurio di Luigi De Donato, piacevole il Lucano di Luca Dordolo, efficacie l'Amore di Silvia Frigato. Adeguata è anche la nutrice di Giuseppe de Vittorio, pur con qualche passaggio non troppo pulito.

Concludono il cast Furio Zanasi, Mirko Guadagnini, Andrea Arrivabene e Monica Piccinini.

Lunghi e meritati applausi per tutti gli interpreti – soprattutto per Mingardo e Bacelli – al termine di una impercettibilmente lunga, elegantissima serata.

 
 
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