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Recensione opera Pelléas et Mélisande di Debussy al Maggio Musicale Fiorentino

William Fratti, 10/07/2015

In breve:
Firenze - Recensione dell'opera lirica Pelléas et Mélisande di Claude Debussy in scena al Maggio Musicale Fiorentino il 23 giugno 2015.


Mettere in scena un gigante come Pelléas et Mélisande di Claude Debussy non è compito facile e al Maggio Musicale Fiorentino è da riconoscersi il merito di essere sempre in grado di proporre titoli di una certa ricercatezza, con una riuscita sempre dignitosa, talvolta addirittura superlativa, come accaduto per il dramma lirico da poco eseguito.

In questa occasione è stata composta una squadra di artisti interamente italiani molto ben omogenea, capitanata da Gatti e Abbado, che hanno saputo creare uno spettacolo di altissimo spessore culturale sotto ogni punto di vista.

Protagonista indiscusso di questo poema sinfonico è certamente l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta da Daniele Gatti che si prodiga in un suono pulitissimo, precisissimo, giocato sui cromatismi dei piani nelle prime scene per sfogarsi al compimento del dramma e poi tornare ad essere trasognante, descrittivo di uno stato dell'essere profondo e quasi celato al mondo dei vivi, come un subconscio mai visto, mai percepito, ma che guida inesorabilmente la vita e i destini dei personaggi prima e degli spettatori poi, infiltrandosi in ognuno come un virus violentissimo.

Riuscitissimo è anche lo spettacolo ideato da Daniele Abbado, con scene e luci di Gianni Carluccio e costumi di Francesca Livia Sartori, che sa muoversi e danzare dentro e fuori dal simbolismo, per come è conosciuto, per spingersi al simbolico, suggestivo e allusivo, elegante e raffinato, ma soprattutto ben omogeneo, ad eccezione del finale quarto, dove il bacio e l'omicidio sono troppo realistici in uno spettacolo che diversamente si è sviluppato come un sogno o un delirio.

A parte ciò si può affermare, senza ombra di dubbio, che sia uno degli spettacoli più belli e meglio riusciti degli ultimi anni, che certamente meriterebbe un oscar alla fotografia: la gestualità e l'espressività dei protagonisti efficacemente illuminata e superbamente inserita nella scenografia fa, di ogni tableau, un vero e proprio capolavoro plastico.

La voce piena e rotonda di Monica Bacelli dona al personaggio di Mélisande un carattere più compiuto di quanto non ci si aspetti, pur restando un ruolo tipicamente etereo, onirico, quasi fiabesco.

L'accompagna l'eccellente Pelléas di Paolo Fanale che sfoggia delle note baritonali da fare invidia ed in questa sede rappresenta l'esempio lamante che il baritenore non è – come spesso erroneamente creduto – un tenore corto, bensì un tenore lirico che, mantenendosi leggero lungo una partitura che lo permetta e lo preveda, scende verso il basso in maniera naturale, senza ingrossare e forzare i suoni di petto. Precisissimi i suoi attacchi, pulitissimi i suoni, raffinato il fraseggio, elegante il personaggio.

Superbi gli accenti drammatici di Roberto Frontali nei panni di Goulad, unico ruolo che in alcuni momenti fuoriesce dal simbolismo per affacciarsi al realismo con i suoi eccessi d'ira e la sua gelosia accentuata.

Cavernoso e magistrale è l'autorevole Arkël di Roberto Scandiuzzi, che sa esprimere perfettamente le caratteristiche da oltretomba da fiaba noir dell'Allemonde su cui governa, pur perdendosi un paio di volte in qualche nota non ben appoggiata.

Di buon contorno la Geneviève di Sonia Ganassi, che sembra qui trovarsi particolarmente a suo agio, tanto nel canto elegiaco, quanto nel nobile e toccante personaggio.

Ben centrato è il ruolo en travesti del giovane Yniold. Silvia Frigato ne dà prova sia vocalmente, chiara e limpida, sia nella recitazione, sicuramente riuscita in modo ottimale.

Molto efficacie è anche Andrea Mastroni, soprattutto nei panni del medico, dove le frasi profonde obbligano alla presa di coscienza di quanto sta accadendo.

Entusiastico successo per tutti al termine dello spettacolo.

 
 
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