Come ogni anno la Fondazione Rossini e di conseguenza il
Rossini Opera Festival sono impegnati nello studio, nella
ricerca e nella messa in scena di un Rossini quanto più originale possibile e
questa esecuzione de La gazzetta si avvale di un importante ritrovamento che va
a completare l'edizione critica già pubblicata una quindicina di anni fa. Si
tratta indubbiamente della produzione meglio riuscita del Festival, equilibrata
sotto ogni punto di vista: musicale, vocale, scenico.
Il nuovo spettacolo di Marco Carniti, con scene di
Manuela Gasperoni, è estremamente funzionale senza essere
pretenzioso, elegante e ben costruito senza scendere mai nella macchietta e nel
buffo a tutti i costi, sapientemente supportato dai bellissimi e raffinati
costumi di Maria Filippi e dalle luci suggestive
di Fabio Rossi.
La direzione musicale di Enrique Mazzola è di buon gusto,
non particolarmente prodiga di colori, ma efficacissima nell'amalgama tra buca e
palcoscenico e soprattutto di autentico sapore rossiniano, coadiuvato dal bravo
maestro collaboratore responsabile Gianni Fabbrini. La sinfonia
presenta un piccolo intoppo nei fiati, mentre il quintetto ritrovato è eseguito
molto bene, soprattutto nella terza sezione.
Nicola Alaimo è un eccellente Don Pomponio,
brillante nella vocalità, sicuro nel canto, preciso nelle agilità, misurato
nella recitazione, quasi troppo elegante per vestire i panni di un tal
personaggio, ma forse riesce ancor più a sottolineare la trasformazione da
Pandolfo a Pompionio voluta da Rossini.
Hasmik Torosyan è una brava cantante da un punto di vista
tecnico, soprattutto nelle colorature della prima aria e nella dolcezza del
duetto col padre, ma la voce è acerba, il suono è acidulo e gli acuti non sono
tutti puliti. Ottiene infine un buon risultato con “Eroi li più galanti”
anche se c'è qualche notina fuori posto.
Vito Priante è un bravissimo Filippo, in possesso
di una bella linea di canto limpida e ben proiettata, correttamente focalizzato
sull'intenzione rossiniana, soprattutto nell'eccellente duetto con Lisetta,
dove Priante e Torosyan danno un'ottima prova
di canto. Buonissima la resa di “Quando la fama altera”,
particolarmente nelle colorature.
Superlativa è la resa musicale di Maxim Mironov nei panni
del raffinatissimo Alberto, che si prodiga in un tripudio di colori fin
dall'introduzione. Il tenore, pur non possedendo una voce particolarmente ampia,
è dotato di omogeneità invidiabile, supportata da acuti saldi e svettanti, note
basse solide e timbrate e mai appesantite, fraseggio espressivo ed elegante,
nonché una classe innata e naturale che si fa notare anche nei passi di danza
del bel terzetto con Alaimo e Priante.
Altrettanto fine è la prova di Raffaella Lupinacci nel ruolo
di Doralice, che rende la non autografa “Ah, se spiegar potessi”
con gusto e stile quasi mozartiani.
Buona, ma molto semplice, la resa di Josè Maria Lo Monaco
nelle vesta di Madama La Rose.
Ben adeguati Monsù Traversen di Andrea Vincenzo Bonsignore
e Anselmo di Dario Shikhmiri.
Simpaticissimo Ernesto Lama nei panni del servitore
Tommasino, che conclude l'opera con addosso un cartello che reca scritta la
domanda provocatoria e quanto mai usurata: “con la cultura si mangia?”.
Ottimo il Coro del Teatro Comunale di Bologna guidato da
Andrea Faidutti.
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