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Recensione opera Elisabetta Regina d'Inghilterra di G. Rossini dell''Ente Concerti Marilisa de Carolis a Sassari

William Fratti, 14/10/2015

In breve:
Sassari - Recensione dell'opera lirica "Elisabetta Regina d'Inghilterra" di Gioachino Rossini dell'Ente Concerti Marilisa de Carolis in scena il 9 ottobre 2015 a Sassari.


Opera poco rappresentata del belcanto italiano, Elisabetta Regina d'Inghilterra di Gioachino Rossini non ha nulla da invidiare alle sue sorelle maggiori, se non nell'efficacia del recitativo, poiché il gusto musicale e teatrale è di indubbia levatura.

L'Ente Concerti Marilisa de Carolis presenta un nuovo allestimento di Marco Spada, coadiuvato alle scene da Mauro Tinti, ai costumi da Maria Filippi e alle luci da Fabio Rossi, spettacolo che ha i medesimi pregi e difetti di alcuni suoi lavori precedenti.

È elegante e giustamente contemporaneo, poiché la lotta di potere di Elisabetta I con gli uomini della sua corte non differisce molto dalle problematiche vissute da Elisabetta II con alcuni dei suoi governi, naturalmente in chiave più attuale e meno sanguigna, ma non per questo meno interessante.

Gli ingressi e le uscite delle masse sono sempre ben gestite, ma il vuoto monotono che contraddistingue i momenti di canto e le pagine di intermezzo musicale, in cui accade il nulla assoluto, è davvero noioso.

Lo stesso vale per i protagonisti: chi ha esperienza o doti interpretative naturali sa come comportarsi; viceversa chi ha bisogno di un disegno di regia più puntuale non sa come muoversi.

In generale è uno spettacolo efficace, valido e piacevole che andrebbe ripreso anche su altri palcoscenici, ma coi giusti accorgimenti per scongiurare la noia e il sonno.

Esito completamente diverso per la parte musicale, decisamente disastrosa.

L'orchestra, tendenzialmente poco pulita e poco precisa, viaggia abbastanza bene negli archi, ma ha una sezione dei fiati da rivedere, soprattutto nei corni e la bacchetta di Federico Ferri sembra dirigere una composizione sacra barocca dedicata ai defunti anziché Rossini.

Lo stile del pesarese è totalmente assente, manca nel fraseggio, nell'accento, nel colore, nell'intenzione, nelle dinamiche, persino nelle scelte di orchestrazione e concertazione. Ma ciò che è peggio è che risulta evidente che non comprende le singole abilità degli interpreti e non è in grado di valorizzarle, anzi tende a metterli in difficoltà con tempi assurdamente lenti in alcuni punti – costringendoli a prendere fiati lunghissimi o più numerosi, andando a ledere l'omogeneità del loro canto e stancandoli oltre ogni limite – poi addirittura troppo veloci in altri, facendo pasticciare le loro agilità.

Lo sguardo di Ferri non è mai rivolto al palcoscenico, c'è totale assenza di dialogo, mentre dovrebbe imparare l'umiltà di fare gioco di squadra al fine di raggiungere il miglior risultato possibile con le capacità di tutti.

Fortunatamente ogni tanto si vede sbucare dalle quinte qualche maestro collaboratore e presumibilmente va a loro il merito degli attacchi corretti.

Ma ciò deve essere da monito per tutte le dirigenze che durante le prove devono saper riconoscere gli artisti inadeguati e sostituirli, direttore compreso.

Come pure bisogna imporre la riapertura delle buche dei suggeritori, inventate a suo tempo per una serie di nobili motivi.

Il Coro diretto da Antonio Costa è purtroppo poco incisivo e leggermente approssimativo; mentre i cantanti solisti sono tutti di buon livello e sono certamente gli autori del buon esito della serata.

Silvia Dalla Benetta, reduce da un intero anno dedicato a Rossini, arriva al suo debutto di questo difficile ruolo Colbran con la consapevolezza e la preparazione tecnica che si addice al Rossini serio e drammatico, puntuale nel fraseggio e nelle variazioni per sottolineare adeguatamente il senso musicale del dramma. Nonostante l'inadeguatezza della bacchetta riesce a sopravvivere a una situazione professionale che ne ha del surreale, con perizia e dedizione, interpretando una regina giustamente misurata in primo atto, per poi tirar fuori denti e unghie nel secondo, esplodendo in un feroce “Fellon, la pena avrai”, sciogliendosi in una dolcezza emozionantissima in “Bell'alme generose” ricca di pianissimi e cromatismi raffinati, abilissima nel legato e concludendo con un efficacissimo “Fuggi amor” dove la Dalla Benetta è una vera macchina di coloratura.

Alessandro Liberatore è un Leicester svettante nella voce e nel personaggio, dotato di un bellissimo timbro e un bel fraseggio, anche se un poco più donizettiano che rossiniano. Brillanti gli acuti, seppur poco precisi quelli più estremi.

Sandra Pastrana è una bravissima Matilde, tecnicamente accurata, anche nell'intenzione e nello stile di Rossini. Eccellenti le agilità, ma non limpidissime le note più alte.

Il Norfolc di David Alegret è forse il personaggio meno riuscito, ma il tenore contraltino è in possesso della giusta vocalità e perizia tecnica per vestire i panni del terribile parente di Elisabetta, grande del regno, leggero e insidioso come il veleno di un serpente. Ottime le agilità e gli acuti, un poco mancante nelle note basse, soprattutto al termine delle frasi che il direttore gli tiene troppo lunghe.

Ottima interpretazione anche per Olesya Berman Chuprinova nel panni di Enrico.

Autorevole al punto giusto il Guglielmo di Nestor Losan.

 
 
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