Con Götterdämmerung si conclude la programmata 
tetralogia wagneriana, ultima giornata della sagra scenica de Der Ring 
des Nibelungen del maturo compositore tedesco. Nuovo allestimento, con 
la regia di Graham Vick, scene e costumi di Richard 
Hudson. Concertazione e Direzione d'orchestra di Stefan Anton 
Reck.
 
  La programmazione dei quattro spettacoli, 
iniziata con le prime due giornate a gennaio e febbraio del 2013, si sarebbe 
dovuta concludere alla fine dello stesso anno, ma è stata rinviata a dicembre 
del 2015 ed a gennaio/febbraio di questo nuovo anno (la prima in diretta 
streaming).
  L'architettura scenica del Crepuscolo degli dei
continua ad essere in linea con le precedenti: si svolge nell'intero 
vasto palcoscenico del teatro, con pareti e con strutture impiantistiche in 
movimento a vista, spoglio di quinte e sempre a sipario aperto sin dall'inizio, 
con arredi limitati all'essenzialità. 
  L'allegoria della drammaturgia 
wagneriana di profonda introspezione psicologica, quindi sempre attuale in ogni 
tempo ed epoca - secondo il famoso regista e drammaturgo inglese Graham 
Vick - è riferita all'attualità internazionale e sulla denuncia 
all'incipiente degrado sociale, alla corruzione, al terrorismo. L'ultima 
giornata è la più complessa ed intrecciata del ring in cui l'amore - che si 
contrappone al potere, alla legge ed è libertà nelle precedenti - si trasforma 
in sacrificio , rinuncia ed espiazione, con la caduta del potere e la fine del 
mondo (causati dai numerosi kamikaze sul proscenio del palco). 
  Il 
riferimento all'attualità del terrorismo esordisce nel prologo in cui le tre 
Norne, piuttosto di tessere le funi del destino, si apprestano ad allestire 
la miccia dei candelotti di dinamite. Il degrado sociale, del potere e dei 
personaggi è altrettanto eloquente nel primo atto all'interno del castello dei 
Chibicunghi - protetto da un'alta recinzione sormontata dal filo spinato e da 
moderni sistemi tecnologici di sicurezza - dagli evidenti lacci emostatici, 
dalle siringhe e dagli accoppiamenti erotici (Gunther, Hagen, Gutrune, 
Siegfried). Fanno seguito la solita vecchia roulotte del campo dei nomadi 
ed i rifiuti accatastati che faranno tutti parte del simbolico rogo finale 
insieme ad altri arredi. 
  Le scene ben illuminate (luci di 
Giuseppe Di Iorio) sono sempre dinamicamente e spesso freneticamente 
impegnate dai numerosi figuranti che simulano il movimento del Reno e dai mimi 
rappresentanti i corvi ed i cavalli. La platea, raggiunta dalla passerella a 
fianco della buca orchestrale, è sovente frequentata dagli interpreti e dai 
figuranti, soprattutto nell'insieme teatrale del matrimonio del secondo atto, 
con numerosi invitati, cameraman e fotografi in sala e con le luci dell'intero 
teatro accese. Gli oggetti simbolici sono come al solito pochi ma 
significativi e le parole del libretto (con traduzione sul grande display sopra 
il sipario) sono facilmente interpretabili, nonostante la moderna trasposizione. 
 In effetti, come ben si sa, la composizione della tetralogia (o meglio la 
trilogia preceduta dalla vigilia del Rheingold) è “opera e 
dramma - dramma di parole e musica ”, senza le forme chiuse dell'opera classica, 
ma in cui si alternano i declamati, i recitativi e gli ariosi, sulla base 
tuttavia della linea melodica. Ed è nella tetralogia che il sistema dei 
leit-motiv (impropriamente detti conduttori, meglio definiti da Wagner 
principali o fondamentali) raggiunge il massimo sviluppo con uno singolare gioco 
di fantasia e variazioni di tonalità, unitamente all'introspezione psicologica. 
Pertanto il corale coinvolgimento dell'orchestra e dell'interpretazione dei 
cantanti è fondamentale in questo capolavoro. 
  L'organico è al gran 
completo in tutte le sezioni: di fronte ed alla sinistra del Direttore gli archi 
e le arpe, alla sua destra i fiati e le percussioni; alcuni strumenti sono 
invece dislocati tra i palchi ed ai fianchi non visibili del palcoscenico, con 
degli ottimi effetti acustici. 
  Stefan Anton Reck, già 
direttore musicale al Teatro Massimo, dall'esperienza 
internazionale più che ventennale, beniamino dei professori d'orchestra e del 
pubblico palermitano, ha ben diretto anche il precedente Siegfrid a dicembre 
dello scorso anno. Il lavoro di concertazione e la direzione sono accurati. 
L'equilibrio sonoro tra le possenti voci wagneriane e l'orchestra è costante, i 
tempi sono ben staccati, a volte sostenuti, stretti nei nodi strumentali, altre 
rilassati nel canto solistico, con i colori molto belli, i pianissimi 
altrettanto. Non mancano le dinamiche più intense come per il prorompente Do 
magg. del tema della spada della marcia funebre di Siegfrid nella prima scena 
del terzo atto, in cui l'orchestra esprime tutta la carica drammatica voluta dal 
compositore nell'orchestrazione di tutti i gruppi strumentali.  Raffinati i 
brani sinfonici di collegamento tra gli atti, il viaggio sul Reno di 
Siegfrid (Rheinfahrt) ed il meraviglioso epilogo sinfonico in 
Re bemolle, eseguito sotto l'attonito e quasi religioso ascolto del pubblico 
sino alla chiusura dell'ultima battuta (In questa replica domenicale. Alla prima 
invece il pubblico non è riuscito a trattenere gli applausi).
  Come detto 
prima le voci sono possenti e quasi tutte adeguate ai personaggi.  Due 
artisti si distinguono particolarmente, sia sul piano musicale sia su quello 
interpretativo, nei ruoli forse più significativi di questa terza giornata:
Irene Theorin 
- Brünnhilde e Mats Almgren - Hagen. La 
svedese Signora Theorin, esperta soprano wagneriano, è dotata di una gran voce 
dal bel timbro brunito lirico spinto - drammatico che estende senza alcuna 
difficoltà sopra le righe, sebbene talune forzature tollerabili poichè nello 
stesso tempo è in grado di gestire facilmente sino ai pianissimi dei recitativi, 
in perfetta aderenza con il carattere di Brünnhilde. Convincente 
nell'enfasi dei duetti con Siegfried e negli incontri con Hagen 
e la sorella Waltraute, procede sempre più in un intenso crescendo 
raggiungendo l'assoluto momento drammatico nell'olocausto finale (prima di 
sacrificarsi con la dinamite insieme al suo fedele cavallo-mimo).
  Il 
basso svedese Almgren, ugualmente esperto nei principali ruoli 
wagneriani, canta e recita con estrema naturalezza e sicurezza con considerevoli 
qualità vocali, dalle note più gravi del suo esteso registro, ricco anche di bei 
colori baritonali, risolvendo alla perfezione il perfido Hagen. 
Ottimo nel meraviglioso duetto del sogno con il decaduto Alberich (su 
sedia a rotelle) dell'altrettanto valido esperto baritono Sergei 
Leiferkus, pur se nella limitata parte, ma molto apprezzato nelle 
precedenti giornate.
  Un po' giù di tono invece il Siegfried di
Christian Voigt. Nonostante l'esperienza nell'importante ruolo, 
pur dimostrandosi un ottimo interprete nelle moderne vesti sin troppo atipiche 
del nordico eroe-adolescente, come nella seconda giornata dal punto di vista 
vocale non è molto convincente. Dotato di bel timbro lirico-spinto ha problemi 
nei passaggi di registro dei recitativi e nella zona più acuta in cui la voce 
perde intensità e colore, probabilmente per una indisposizione temporanea. 
 All'altezza del moderno disinvolto ruolo del potente Gunther,
Eric Greene, dotato di un intenso e naturale esteso timbro 
scuro di baritono (Donner in Das Rheingold del 2013) .
  Dignitosi tutti 
gli altri colleghi, in ruoli meno impegnati ma altrettanto importanti: La soprano Elizabeth Blancke-Biggs 
, affermata artista dei maggiori ruoli lirici, Gutrune sensuale 
sorellastra di Gunther ed Hagen, risolve il personaggio con 
sicurezza vocale ed interpretativa.  La mezzo soprano Viktoria Vizin, 
elegante e distinta borghese, Waltraute, sorella di Brünnhilde.
  Annette Jahns, prima Norna e Renée 
Tatum l'Ondina Flosshilde, mezzosoprani. Christine 
Knorren mezzosoprano e Stephanie Corley soprano, 
rispettivamente seconda e terza Norna e le Ondine Wellgunde e
Woglinde . 
  Un particolare plauso al potente e coinvolgente Coro 
maschile ben preparato dal Maestro Piero Monti (perfetti 
guerrieri-banditi armati e dipinti in volto nel secondo atto, minacciosi e 
rumorosi dietro l'alta recinzione del castello dei Chibicunghi). 
  
Nonostante le oltre cinque ore di spettacolo, questa particolare attualizzazione 
ha coinvolto ed appassionato l'assorto pubblico del gremito teatro, rinunciando 
ovviamente alle descrizioni mitologiche del libretto, sostituite da una lettura 
forse sin troppo cruda e trasgressiva.
  Soprattutto una lunga serata all'insegna di una buona e 
coinvolgente musica.
  Il maggior consenso è stato rivolto al 
Maestro Stefan Anton Reck ed a tutta l'orchestra (sul palco al termine 
della prima), ad Irene Theorin e Mats Almgren, con fragorosi 
applausi anche per tutti gli altri colleghi oltre che l'approvazione per l'oltre 
mezzo centinaio di mimi e figuranti sempre impegnati nel contesto di tutto lo 
spettacolo. 
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