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Recensione opera Gotterdammerung di Richard Wagner al Teatro Massimo di Palermo

Gigi Scalici, 11/02/2016

In breve:
Palermo - Recensione dell'opera lirica Götterdämmerung di Richard Wagner che conclude la programmata tetralogia wagneriana, ultima giornata della sagra scenica de Der Ring des Nibelungen al Teatro Massimo di Palermo il 31 gennaio 2016. Nuovo allestimento, con la regia di Graham Vick, scene e costumi di Richard Hudson.


Con Götterdämmerung si conclude la programmata tetralogia wagneriana, ultima giornata della sagra scenica de Der Ring des Nibelungen del maturo compositore tedesco. Nuovo allestimento, con la regia di Graham Vick, scene e costumi di Richard Hudson. Concertazione e Direzione d'orchestra di Stefan Anton Reck.


La programmazione dei quattro spettacoli, iniziata con le prime due giornate a gennaio e febbraio del 2013, si sarebbe dovuta concludere alla fine dello stesso anno, ma è stata rinviata a dicembre del 2015 ed a gennaio/febbraio di questo nuovo anno (la prima in diretta streaming).

L'architettura scenica del Crepuscolo degli dei continua ad essere in linea con le precedenti: si svolge nell'intero vasto palcoscenico del teatro, con pareti e con strutture impiantistiche in movimento a vista, spoglio di quinte e sempre a sipario aperto sin dall'inizio, con arredi limitati all'essenzialità.

L'allegoria della drammaturgia wagneriana di profonda introspezione psicologica, quindi sempre attuale in ogni tempo ed epoca - secondo il famoso regista e drammaturgo inglese Graham Vick - è riferita all'attualità internazionale e sulla denuncia all'incipiente degrado sociale, alla corruzione, al terrorismo. L'ultima giornata è la più complessa ed intrecciata del ring in cui l'amore - che si contrappone al potere, alla legge ed è libertà nelle precedenti - si trasforma in sacrificio , rinuncia ed espiazione, con la caduta del potere e la fine del mondo (causati dai numerosi kamikaze sul proscenio del palco).

Il riferimento all'attualità del terrorismo esordisce nel prologo in cui le tre Norne, piuttosto di tessere le funi del destino, si apprestano ad allestire la miccia dei candelotti di dinamite. Il degrado sociale, del potere e dei personaggi è altrettanto eloquente nel primo atto all'interno del castello dei Chibicunghi - protetto da un'alta recinzione sormontata dal filo spinato e da moderni sistemi tecnologici di sicurezza - dagli evidenti lacci emostatici, dalle siringhe e dagli accoppiamenti erotici (Gunther, Hagen, Gutrune, Siegfried). Fanno seguito la solita vecchia roulotte del campo dei nomadi ed i rifiuti accatastati che faranno tutti parte del simbolico rogo finale insieme ad altri arredi.

Le scene ben illuminate (luci di Giuseppe Di Iorio) sono sempre dinamicamente e spesso freneticamente impegnate dai numerosi figuranti che simulano il movimento del Reno e dai mimi rappresentanti i corvi ed i cavalli. La platea, raggiunta dalla passerella a fianco della buca orchestrale, è sovente frequentata dagli interpreti e dai figuranti, soprattutto nell'insieme teatrale del matrimonio del secondo atto, con numerosi invitati, cameraman e fotografi in sala e con le luci dell'intero teatro accese.
Gli oggetti simbolici sono come al solito pochi ma significativi e le parole del libretto (con traduzione sul grande display sopra il sipario) sono facilmente interpretabili, nonostante la moderna trasposizione.

In effetti, come ben si sa, la composizione della tetralogia (o meglio la trilogia preceduta dalla vigilia del Rheingold) è “opera e dramma - dramma di parole e musica ”, senza le forme chiuse dell'opera classica, ma in cui si alternano i declamati, i recitativi e gli ariosi, sulla base tuttavia della linea melodica. Ed è nella tetralogia che il sistema dei leit-motiv (impropriamente detti conduttori, meglio definiti da Wagner principali o fondamentali) raggiunge il massimo sviluppo con uno singolare gioco di fantasia e variazioni di tonalità, unitamente all'introspezione psicologica.
Pertanto il corale coinvolgimento dell'orchestra e dell'interpretazione dei cantanti è fondamentale in questo capolavoro.

L'organico è al gran completo in tutte le sezioni: di fronte ed alla sinistra del Direttore gli archi e le arpe, alla sua destra i fiati e le percussioni; alcuni strumenti sono invece dislocati tra i palchi ed ai fianchi non visibili del palcoscenico, con degli ottimi effetti acustici.

Stefan Anton Reck, già direttore musicale al Teatro Massimo, dall'esperienza internazionale più che ventennale, beniamino dei professori d'orchestra e del pubblico palermitano, ha ben diretto anche il precedente Siegfrid a dicembre dello scorso anno.
Il lavoro di concertazione e la direzione sono accurati. L'equilibrio sonoro tra le possenti voci wagneriane e l'orchestra è costante, i tempi sono ben staccati, a volte sostenuti, stretti nei nodi strumentali, altre rilassati nel canto solistico, con i colori molto belli, i pianissimi altrettanto. Non mancano le dinamiche più intense come per il prorompente Do magg. del tema della spada della marcia funebre di Siegfrid nella prima scena del terzo atto, in cui l'orchestra esprime tutta la carica drammatica voluta dal compositore nell'orchestrazione di tutti i gruppi strumentali.
Raffinati i brani sinfonici di collegamento tra gli atti, il viaggio sul Reno di Siegfrid (Rheinfahrt) ed il meraviglioso epilogo sinfonico in Re bemolle, eseguito sotto l'attonito e quasi religioso ascolto del pubblico sino alla chiusura dell'ultima battuta (In questa replica domenicale. Alla prima invece il pubblico non è riuscito a trattenere gli applausi).

Come detto prima le voci sono possenti e quasi tutte adeguate ai personaggi.
Due artisti si distinguono particolarmente, sia sul piano musicale sia su quello interpretativo, nei ruoli forse più significativi di questa terza giornata: Irene Theorin - Brünnhilde e Mats Almgren - Hagen.
La svedese Signora Theorin, esperta soprano wagneriano, è dotata di una gran voce dal bel timbro brunito lirico spinto - drammatico che estende senza alcuna difficoltà sopra le righe, sebbene talune forzature tollerabili poichè nello stesso tempo è in grado di gestire facilmente sino ai pianissimi dei recitativi, in perfetta aderenza con il carattere di Brünnhilde. Convincente nell'enfasi dei duetti con Siegfried e negli incontri con Hagen e la sorella Waltraute, procede sempre più in un intenso crescendo raggiungendo l'assoluto momento drammatico nell'olocausto finale (prima di sacrificarsi con la dinamite insieme al suo fedele cavallo-mimo).

Il basso svedese Almgren, ugualmente esperto nei principali ruoli wagneriani, canta e recita con estrema naturalezza e sicurezza con considerevoli qualità vocali, dalle note più gravi del suo esteso registro, ricco anche di bei colori baritonali, risolvendo alla perfezione il perfido Hagen.
Ottimo nel meraviglioso duetto del sogno con il decaduto Alberich (su sedia a rotelle) dell'altrettanto valido esperto baritono Sergei Leiferkus, pur se nella limitata parte, ma molto apprezzato nelle precedenti giornate.

Un po' giù di tono invece il Siegfried di Christian Voigt. Nonostante l'esperienza nell'importante ruolo, pur dimostrandosi un ottimo interprete nelle moderne vesti sin troppo atipiche del nordico eroe-adolescente, come nella seconda giornata dal punto di vista vocale non è molto convincente. Dotato di bel timbro lirico-spinto ha problemi nei passaggi di registro dei recitativi e nella zona più acuta in cui la voce perde intensità e colore, probabilmente per una indisposizione temporanea.

All'altezza del moderno disinvolto ruolo del potente Gunther, Eric Greene, dotato di un intenso e naturale esteso timbro scuro di baritono (Donner in Das Rheingold del 2013) .

Dignitosi tutti gli altri colleghi, in ruoli meno impegnati ma altrettanto importanti:
La soprano Elizabeth Blancke-Biggs , affermata artista dei maggiori ruoli lirici, Gutrune sensuale sorellastra di Gunther ed Hagen, risolve il personaggio con sicurezza vocale ed interpretativa.
La mezzo soprano Viktoria Vizin, elegante e distinta borghese, Waltraute, sorella di Brünnhilde.

Annette Jahns, prima Norna e Renée Tatum l'Ondina Flosshilde, mezzosoprani.
Christine Knorren mezzosoprano e Stephanie Corley soprano, rispettivamente seconda e terza Norna e le Ondine Wellgunde e Woglinde .

Un particolare plauso al potente e coinvolgente Coro maschile ben preparato dal Maestro Piero Monti (perfetti guerrieri-banditi armati e dipinti in volto nel secondo atto, minacciosi e rumorosi dietro l'alta recinzione del castello dei Chibicunghi).

Nonostante le oltre cinque ore di spettacolo, questa particolare attualizzazione ha coinvolto ed appassionato l'assorto pubblico del gremito teatro, rinunciando ovviamente alle descrizioni mitologiche del libretto, sostituite da una lettura forse sin troppo cruda e trasgressiva.

Soprattutto una lunga serata all'insegna di una buona e coinvolgente musica.

Il maggior consenso è stato rivolto al Maestro Stefan Anton Reck ed a tutta l'orchestra (sul palco al termine della prima), ad Irene Theorin e Mats Almgren, con fragorosi applausi anche per tutti gli altri colleghi oltre che l'approvazione per l'oltre mezzo centinaio di mimi e figuranti sempre impegnati nel contesto di tutto lo spettacolo.

 
 
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