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Recensione opera Il Turco in Italia di Gioachino Rossini al Teatro Municipale di Piacenza

William Fratti, 16/02/2016

In breve:
Piacenza - Recensione dell'opera lirica Il Turco in Italia di Gioachino Rossini in scena al Teatro Municipale di Piacenza il 29 gennaio 2016.


Con la messinscena de Il Turco in Italia di Gioachino Rossini il Teatro Municipale di Piacenza mette a segno un altro punto in termini di programmazione e qualità artistica.

L'opera fa parte del grande repertorio, ma così come nella stagione precedente con Les contes d'Hoffmann, si tratta di un titolo poco rappresentato a Piacenza ed è il modo migliore per offrire novità culturali alla città, ma al contempo garantirsi il teatro pieno.

Lo spettacolo, originariamente creato lo scorso anno a Treviso, oggetto di una coproduzione internazionale che vede coinvolti anche Ferrara, Ravenna e Metz, è firmato dal bravo Federico Bertolani che nel corso degli ultimi anni è cresciuto da direttore di palcoscenico e assistente alla regia. Il pregio del suo lavoro è quello di essersi concentrato sulla caratterizzazione dei singoli personaggi, arricchendola di gestualità elegante e divertente, mai ridicola, nonché di una buona dose di movimento tra controscene, spostamenti di attrezzeria ed elementi scenografici, col conseguente rapimento dell'attenzione degli spettatori.

Un solo appunto può essergli rivolto nell'aver fatto interpretare in platea la bella aria di secondo atto di Don Geronio. Indubbiamente si tratta del proseguimento ideale della bellissima operazione di flash mob che nei giorni precedenti l'opera ha coinvolto e interessato tutta la città.

Si è anche vista Donna Fiorilla civettare col pubblico durante la pausa tra i due atti, mentre il marito la cercava disperatamente. Ma un conto è eseguire in sala un coro o un recitativo, un conto è un'aria, poiché la platea gode di un'acustica molto differente, inoltre si impedisce una buona visione - oltre all'ascolto - di seconde e terze file di palchi, gallerie e loggione e ciò non è corretto nei confronti del pubblico pagante.

A parte ciò il lavoro è fatto bene e lo spettacolo è filologico e divertente, con le scene efficacissime di Giulia Zucchetta e i bei costumi di Federica Miani, cui va riconosciuto il merito di aver fatto abbinamenti cromatici di buon gusto, oltre al pregio di una certa classe, seppur prêt-à-porter. Ottimo il disegno luci di Claudio Schmid.

Quanto alla parte musicale, l'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini non è certamente in forma come di sua consuetudine, soprattutto tromba e corno che fanno qualche bel capitombolo. Migliori gli archi e le percussioni. Alla sua guida è Giovanni Di Stefano, che non è da considerarsi un direttore rossiniano di riferimento, ma ha il pregio di tenere tempi saldi e soprattutto di accentare laddove la scrittura del pesarese lo richiede. Riesce inoltre a reggere buoni equilibri nei pezzi d'assieme, creando un buon amalgama pur tenendo ben distinte le singole parti: orchestra, coro e ciascuno dei solisti. Ottima la prova di Gianluca Ascheri al fortepiano; pure eccellente il Coro del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati.

Simone Alberghini è un Selim dalla statuaria presenza scenica, sempre disinvolto eppur misurato, mai votato ad alcun tipo di eccesso. Inizialmente è purtroppo poco elastico e povero di fraseggio, ma nella seconda parte fortunatamente riprende tutte le forze e l'intero sapere rossiniano di cui è depositario.

Lo affianca la giovane Leonor Bonilla nei panni di una Donna Fiorilla riuscitissima nel personaggio, soprattutto perché compie i suoi gesti antipatici senza mai risultare tale. Il materiale vocale di cui è dotata la cantante è indubbiamente di ottimo livello, anche se c'è spazio per migliorare ed imbellire il suono di certe note in acuto, anche nei picchettati. Inoltre agilità e variazioni, pur essendo ben eseguite, si rifanno di più allo stile romantico che non a quello rossiniano, per cui sarebbe necessario uno studio specifico, già facilitato dalla buonissima base di partenza.

Rossiniano DOC è Marco Filippo Romano, un Don Geronio riuscitissimo sotto ciascun profilo, dalla recitazione ad ogni singolo passaggio musicale, attraverso un fraseggio così eloquente che se ne percepiscono gesti e sguardi anche ascoltandolo ad occhi chiusi.

Boyd Owen è un Don Narciso soddisfacente anche se non entusiasmante, dotato di bella voce leggera, ma talvolta aspra e si lascia scappare qualche nota calante.

È invece azzeccatissimo il Prosdocimo di Andrea Vincenzo Bonsignore, buffo rossiniano ben riuscito nello stile di canto come nell'interpretazione divertente ed efficace.

Anche la Zaida di Loriana Castellano si fa notare per il suo canto ben eseguito nell'intenzione del compositore. Simpatica l'interpretazione dell'Albazar di Manuel Amati.

Peccato per qualche taglio qua e là nella partitura.

Applausi entusiastici per tutti, nonostante il solito pubblico disturbante che cerca di correre al guardaroba non appena si spengono le luci.

 
 
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