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Recensione opera I Masnadieri di Giuseppe Verdi al Teatro Alla Scala di Milano

William Fratti, 05/07/2019

In breve:
Milano, il 1 luglio 2019 - Recensione dell'opera lirica I Masnadieri di Giuseppe Verdi in scena al Teatro Alla Scala di Milano.


Dopo oltre quaranta anni di assenza I masnadieri torna sul palcoscenico del Teatro alla Scala. Opera ingiustamente considerata minore, tratta dall'omonima tragedia di Friedrich Schiller, contiene alcune delle pagine più interessanti del Verdi sperimentale e soprattutto porta con sé una chiara espressione della vocalità e dell'accento del Cigno di Busseto.

Michele Mariotti, universalmente riconosciuto come uno dei migliori direttori del repertorio belcantistico, non riesce a ripetere appieno le magiche prodezze compiute in Attila o ne Il trovatore, bensì appare un poco impantanato nel languore romantico e patetico come accaduto per I due Foscari.

Le tonalità plumbee e funeree del primo atto e della prima parte del secondo sono dipinte in maniera piuttosto flaccida, non riuscendo a sostenere per bene il carattere dei personaggi, né del melodramma intero. È solo col finale secondo, a partire dall'aria di Carlo, il finale terzo, dall'aria di Massimiliano, e il finale quarto che dimostra il suo vero sapere romantico, quello fatto di passioni, di disperazione ed eroismo, non quello depresso e passivo. È in queste meravigliose pagine che si ritrova l'eccellente direttore che, alla guida della splendida Orchestra del Teatro alla Scala, dona forti emozioni vibranti in tutta la sala.

Protagonista è Fabio Sartori che, pur partendo un poco debole, si dimostra poi essere l'ottimo tenore verdiano di sempre, dotato di vocalità smaltata e acuti squillanti, con un ottimo controllo dei fiati e una notevole capacità di dosare i colori. Esemplare è la resa di “Di ladroni attorniato”.

Lisette Oropesa è una bravissima Amalia che, in maniera molto intelligente e sicuramente grazie ad una tecnica piuttosto solida, risolve le insidie del ruolo piegandolo e adattandolo totalmente alla propria voce. Il soprano mostra dunque una splendida luminosità diamantina, corroborata di filati raffinati, trilli pregiati e agilità precise, pur con una emissione che non corre e che ha bisogno di essere in proscenio per essere ben proiettata.

Massimo Cavalletti è un bravo baritono di routine, sempre corretto, ben timbrato e brillante, ma che in questo ruolo non entusiasma. Il personaggio di Francesco è piuttosto complesso sotto il profilo drammatico, sia in termini d'accento che di colori, ma che Cavalletti risolve solo in parte. Tutto sommato si tratta di una discreta esecuzione, mancando però quel piglio verdiano che dovrebbe uscire soprattutto in quarto atto, non solo nella scena del sogno, ma anche nel successivo duetto con Moser, dove viene meno quel carattere tragico essenziale a queste pagine.

Le stesse lacune si possono pertanto asserire ad Alessandro Spina che, pur dimostrando le sue consuete buone capacità, qui manca dell'autorevolezza e della levatura necessarie.

Michele Pertusi è un Massimiliano eccellente, soprattutto per ciò che riguarda l'eloquenza del fraseggio e l'uso della parola, dosati e centellinati con dei cromatismi piuttosto raffinati.

Buone le prove dell'Arminio di Francesco Pittari, del Rolla di Matteo Desole e del Coro del Teatro alla Scala guidato da Bruno Casoni.

La parte più debole della rappresentazione è lo spettacolo piuttosto banale di David McVicar, che non riesce a mantenere il suo consueto livello di fastosa radiosità. Nulla da eccepire in merito al lavoro specifico sui movimenti e la gestualità dei personaggi.

Ciò che funziona solo in parte è la resa complessiva, colpevoli una scenografia fissa - a cura di Charles Edwards - che mal suddivide le singole azioni e i movimenti coreografici - di Jo Meredith - piuttosto inutili e talvolta sciocchi come in terzo atto.

L'onnipresenza dell'autore della tragedia, del tutto inutile allo svolgimento della vicenda, sembra voler riempire un vuoto di idee.

In linea col grigiore generico sono i costumi settecenteschi di Brigitte Reiffenstuel e le luci di Adam Silverman.

 
 
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