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Recensione opera lirica Aida di Giuseppe Verdi a Busseto

William Fratti, 12/10/2019

In breve:
Busseto (PR), il 10 ottobre 2019 - Recensione dell'opera lirica Aida di Giuseppe Verdi in scena a Busseto il 10 ottobre 2019, in occasione del Festival Verdi.


Ideata nel 2001 in occasione del Centenario Verdiano, fortemente voluta dall'allora direttore generale della Fondazione Arturo Toscanini, Gianni Baratta, quando ancora Busseto e Parma non riuscivano a dialogare, quando ancora il Verdi Festival - perché così si chiamava - non riusciva a decollare, anzi nasceva dalle proprie ceneri per finire bruciato di nuovo, questa Aida firmata da Franco Zeffirelli suscitò clamore e stupore tale da essere richiesta da così tanti altri teatri da realizzare il traguardo delle cento recite già nel 2003.

Lo straordinario spettacolo del regista e scenografo fiorentino è qui ripreso da Stefano Trespidi che, presumibilmente avvalendosi di risorse inferiori alle necessità, mette in palcoscenico oltre una dozzina di persone in meno, tra coro e figuranti, mostrando dei vuoti rispetto all'originale, come pure la gestualità e gli sguardi dei protagonisti sono lontani da quel miracolo iniziale fortunatamente registrato e documentato in un DVD edito da RaiTrade e TDK e in un bellissimo libro fotografico di Gianfranco Lelj. Lo stesso vale per le scene, che negli anni si sono sbiadite - soprattutto il fondale con la piramide - e avrebbero bisogno di un ritocco, oppure di una migliore illuminazione.

Fiammetta Baldisserri fa i salti mortali con le risorse illuminotecniche a sua disposizione, ma non è sufficiente a ripetere la magia suggestiva dei blu e degli oro che avrebbero dovuto accompagnare il trionfo verso la tragica intimità conclusiva. Anche gli eccezionali e pregevolissimi costumi di Anna Anni, qui ripresi da Lorena Marin, negli anni hanno pian piano perso parte dei loro elementi preziosi, soprattutto quelli di Aida che, sinceramente, sembrano stati acquistati al mercato di Piazza Ghiaia. Zeffirelli era stato chiaro: Aida non è una schiava qualunque, ma una serva della principessa reale.

Ciononostante è un bello spettacolo e al Teatro Regio di Parma va il merito di aver permesso questo tanto desiderato ritorno. Come pure all'istituzione parmigiana va il plauso di avere riportato il piccolo teatro di Busseto ad essere palcoscenico di lancio di tanti giovani seppur, in questa occasione, non tutti gli interpreti risultavano essere adeguatamente preparati. La scuola di Carlo Bergonzi di venti anni fa dimostrava un livello che si auspicherebbe avere anche tuttora.

In termini canori il fiore all'occhiello è rappresentato dal Radames di Bumjoo Lee che, nonostante un serio difetto di pronuncia delle sibilanti, svetta in acuto con luminosità e buon appoggio, mantenendosi saldo e smaltato anche verso il basso.

Più che soddisfacente l'Amonasro di Andrea Borghini, brillante e dotato di buon accento, anche se un poco debole nella zona medio grave.

Lo stesso vale per il Ramfis di Dongho Kim, la cui voce scura manca però dello spessore necessario all'imponente ruolo del sacerdote.
Pure adeguato, solo leggermente incerto, il Re di Renzo Ran.

Aida è Natalie Aroyan, dotata di voce davvero molto importante e dal bel colore, ma povera di tecnica. Il soprano australiano ha degli ottimi mezzi, ma ha bisogno di rivedere l'emissione, che talvolta risulta velata, talaltra forzata, esaurendo presto le sue energie; perfezionare l'uso dei fiati, non riuscendo a tenere lunghe certe note o a emettere un piano; infine migliorare l'eleganza con cui si dovrebbe stare in palcoscenico.

Discorso similare per Daria Chernii nei panni di una Amneris poco fine sia nell'interpretazione che nella vocalità piuttosto opaca e in difficoltà negli acuti.

La sacerdotessa di Chiara Mogini mostra qualche problema di intonazione, mentre il messaggero di Manuel Rodriguez non si ode nelle note basse.

È infine eccellente la direzione di Michelangelo Mazza, sempre molto omogeneo ed equilibrato, bravo nell'accento verdiano, così come nei raffinati pianissimi.

Non sempre alla sua altezza è l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna che, seppur ottima per gran parte dell'esecuzione, si trova un po' in difficoltà con le trombe durante il trionfo e con gli archi sul finale dell'opera.

Buona la prova del Coro, meglio vocalmente che scenicamente, guidato da Alberto Malazzi.

Sempre efficacissime le coreografie di Luc Bouy, molto brave le danzatrici.

 
 
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