| La magica e scintillante fiaba creata dall'indimenticabile Maestro 
Franco Zeffirelli per il capolavoro ultimo di Giacomo Puccini
è ritornata sull'immenso palcoscenico dell'Arena di Verona, 
sogno reale di pietra voluto dagli antichi Romani come testimonianza della loro 
forza e grandezza per i secoli a venire.  
 Di nuovo il riuscito e realistico contrasto tra il popolo cencioso ed 
affamato, pari a ratti che strisciano e percorrono con scatti nervosi il 
proscenio ed il dorato, ricchissimo e forse un po' troppo pieno di orpelli 
(penso ai cappelli delle tre maschere con pendenti simili ad orecchie disneyane 
a mio avviso eccessive per esempio) ha colpito al cuore gli spettatori che 
occupavano gradinate e platea (con qualche piccolo vuoto) nel secondo atto dopo 
il siparietto di Ping Pong e Pang.  E lo star system, caricato anche da recenti polemiche politiche e di 
movimenti vari, ha reso omaggio alla coppia d'oro della lirica attuale con grida 
entusiastiche (come dice sempre il mitico M. Daniel Oren “Almeno 
lasciate finire la musica!!”) ed applausi fortissimi, anche in momenti non 
proprio deputati. Infantile e molto “american style” è apparso il tripudio dopo 
il bacio da parte di Calaf autentico e passionale che sgela la 
Principessa di gelo!  La crudele protagonista era incarnata da una Anna Netrebko, 
che si conferma grande artista e signora del proprio mezzo vocale nel cesellare 
ogni parola, ogni accento, cercando con personale lettura effetti vaporosi e 
magici nelle battute iniziali del suo racconto prima degli enigmi. Quel “Principessa 
Lou-Lyng” sussurrato e poi illuminato verso iol forte è da antologia, come 
il cercare di dare carattere e forma singola ad ogni enigma, rendendo gelida e 
livida la speranza, impulsivo e nervoso il Sangue ed infine quasi rassegnato 
anche se velato di rabbia l'ultimo, Turandot. A mio avviso, cercando di far sua 
la temibile Principessa l'ha spogliata di quella fredda e raggelante crudeltà e 
della superbia arrogante che rende autentico ed ancora più sentito lo sgelo 
finale, ma la sua eroina pucciniana è a ragione molto pregnante e da mettere sul 
podio.  
 La sua degna rivale, la vincitrice morale nell'opera, è Maria Teresa 
Leva, che dona a Liù una voce splendida, ricchissima negli 
armonici, e con grande padronanza tecnica illumina il ruolo con grande maestria. 
Un momento su tutti è il La acuto quasi solo dopo tanti pieni orchestrali del 
primo atto nella battuta “Perché un dì nella reggia mi hai sorriso”: 
preso dapprima in un pianissimo perlato, poi portato ad un forte morbido e pieno 
e con ottima tenuta di fiato sfumato di nuovo in un irreale e lunare sospiro in 
pianissimo. Commovente anche nella scena della tortura e della morte, ha conteso 
e in qualche momento “rubato” la scena ai due divi con splendida valenza 
artistica.  
 L'altra parte della coppia d'oro della lirica era Yusif Eyavazov, 
un Calaf atletico, sanguigno ed irruente, ma a mio avviso con un timbro 
non piacevole anche se la linea di canto è ottima e la tecnica e la musicalità 
sono ineccepibili. Gli acuti sono spavaldi, ben proiettati, ma mancano di 
pienezza e luminosità ed il trionfo che gli è stato tributato per me era un po' 
troppo gonfiato e non del tutto meritato. Ho apprezzato molto di più il tenore 
azero in Trovatore, sempre in Arena, eseguito prima della pandemia.    Il grande Ferruccio Furlanetto è un Timur regale e 
con energica forza di accento e tenuta scenica a dispetto di una voce che 
denuncia la non più giovane età, ma commuove ed arriva al cuore nel suo addio a
Liù morente.  
 Musicalissimi e gradevoli, esasperati dalla ripresa della regia nel loro 
carattere comico le tre maschere, il Ping dalla bella ed autorevole 
brunita voce di Gezim Myshketa, il Pong dalla bella 
voce tenorile di Matteo Mezzaro e l'elegante ed incisivo 
Pang di Riccardo Rados.  
 Carlo Bosi è stato un ottimo ed importante Altoum, 
donando all'Imperatore una grande incisività, spogliandolo dal carattere spesso 
tremolante non degno del Figlio del Cielo.  Interessante e ben emessa è la vocalità del Mandarino 
Youngjun Park. Sempre ottima è la resa dell'Orchestra della Fondazione Arena di 
Verona, capitanata da un'altra colonna della direzione in Arena che è 
il M. Marco Armiliato, dal gesto unico, dalla ricerca 
sopraffina di suoni e colori nuovi e con rispetto assoluto per il palcoscenico.
 
 Il Coro della Fondazione Arena di Verona, diretto dal M.
Ulisse Trabacchin, pur rimanendo sempre un coro di riferimento 
con buone voci e suono fascinoso, ha mostrato qualche lieve segno di stanchezza, 
non cesellando come ci aveva abituato momenti importanti come “Perché tarda 
la luna” non sfoggiando pianissimi e filati sussurrati. Molto musicali ed ineccepibili sono risultati i ragazzi del Coro di 
voci bianche A.d'A.Mus diretti dal M. Marco Tonini. Favolosi e ricercati i costumi di Emi Wada e le fulgenti e 
ben strutturate luci di Paolo Mazzon. E' stato uno spettacolo bello, premiato da un pubblico entusiasta e 
accalorato che ha sancito il trionfo soprattutto per Eyavazov e la Leva  
 
 99º Arena Opera Festival 2022
 TURANDOT
 Dramma 
lirico in tre atti e cinque quadri
 Libretto di Giuseppe Adami
 E Renato 
Simoni
 Musica di Giacomo Puccini
 
 Turandot Anna Netrebko
 Imperatore 
Altoum Carlo Bosi
 Timur Ferruccio Furlanetto
 Calaf Yusif Eyvazov
 Liù 
Maria Teresa Leva
 Ping Gëzin Myshketa
 Pong Matteo Mezzaro
 Pang Riccardo 
Rados
 Mandarino Youngjun Park
 
 Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici 
dell'Arena di Verona
 Direttore Marco Armiliato
 Maestro del coro Ulisse 
Trabacchin
 Coro di voci bianche A.d'A.MUS diretto da Marco Tonini
 
 Regia e scene Franco Zeffirelli
 Costumi Emi Wada
 Luci Paolo Mazzon
 Movimenti coreografici Maria Grazia Garofoli
 Foto : Ennevi
 
 Allestimento della Fondazione Arena di Verona
 Verona, 7 agosto 2022
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