L'8 e il 10 ottobre u.s. a Milano allo Spazio Frigia c'è stato il primo spettacolo lirico-teatrale dal titolo
Rigoletto con la regia di Giacomo Agosti e la direzione
artistica-musicale del maestro Emanuele De Filippis.
Si è trattato di uno spettacolo liberamente ispirato dal Rigoletto di
Giuseppe Verdi, ma diverso dal solito perchè origniale per l'idea e la forma.
Abbiamo quindi deciso di fare un'intervista a una delle menti ideatrici di questo
prodotto artistico, il regista Giacomo Agosti, per farci spiegare im
prima persona questa nuova formula lirico-teatrale.
1. Ci ha incuriosito molto questa nuova forma di spettacolo che andrete a
proporre in questo palcoscenico itinerante. Ci può spiegare meglio di che cosa
si tratta?
Propongo una messinscena di opere liriche celebri, centrata sul corpo
dell'attore cantante. Spettacoli agili, che si accampano nell'angolo di una
stanza. Rivedo lo spartito col maestro De Filippis e lo adattiamo a poche voci
soliste.
2. Ma lo spettatore si deve sentire a teatro o all'opera?
A teatro, ricordando l'opera o immaginando come possa essere il teatro
dell'opera.
3. Come è nata questa idea?
Penso che dentro di noi ci sia "un fantasma dell'opera". Un ricordo di ascolti,
di visioni, che ci fa annusare e selezionare le produzioni correnti. Per
esempio, quando sono in una città straniera, una delle prime cose che faccio è
"andare all'opera". Vorrei mettere lo spettatore italiano nelle condizioni di
scegliere un "altro" modo di vedere l'opera.
4. Secondo lei, cosa ne pensano i melomani di questa
nuova forma di spettacolo? Cosa risponde a coloro che le dicono che “sta
snaturando” l'opera, eliminando l'orchestra, i cori…
In teatro siamo abituati da molti anni a "lavorare" su un testo: pensi a quello
che si fa con i classici. Li utilizziamo, nell'accezione più corretta del
termine, come pre-testi. Penso che anche l'opera lirica possa sostenere
un'operazione del genere. Di alleggerimento. Di adattamento.
5. Nella presentazione della vostra iniziativa lei
ha scritto: “l'opera ha qualcosa di primordiale, come un battito di tamburi che
impone al cantante di gridare di più”. Da cantante dico che l'opera non va
gridata, va cantata con morbidezza, cosa mi risponde?
Che sono assolutamente d'accordo con lei. L'opera va sussurrata, ma in un grande
teatro il sussurro "si sente poco".
E' l'abitudine all'ascolto delle registrazioni, in cui tutti siamo nati, che mi
fa sentire a disagio nel teatro di grandi dimensioni. Pare lo dicesse, da
direttore d'orchestra, anche Bernstein. Per questo amo farmi avvolgere dalla
musica, come da un gigantesco ipod, e posizionando il cantante e il pianoforte
vicino all'ascoltatore, ottengo un effetto di questo genere.
6. Diverse location per diversi titoli: perché?
Mi piace far nascere lo spettacolo da un contesto spaziale. Dopo anni di lavoro
in una sala accanto a una chiesa, ho voluto portare l'opera in un ex capannone
adattato a spazio scenico. Così ho pareggiato il debito con due spazi ricorrenti
di Milano: il teatro "accanto al campanile" e quello nello spazio industriale.
Il punto d'arrivo della stagione sarà la presentazione del quarto atto del
Trovatore in una grotta di un parco naturale bergamasco.
...Non vedo l'ora che arrivi la primavera per godermi questo spettacolo!
Per maggiori informazioni in merito a questi spettacoli clicca sul link:
www.unosguardosullalirica.com.