Gradevolissimo doppio appuntamento pre-natalizio per il Maggio Musicale 
Fiorentino: dal 5 al 24 dicembre il palco del Teatro Comunale ha 
visto protagonisti, in serata unica, il balletto Carmen Suite e la farsa 
donizettiana Il Campanello, offrendo così circa due ore di piacevole 
intrattenimento. 
Nella prima parte della serata, i passi di danza sono ispirati al capolavoro di
Georges Bizet nella versione del coreografo cubano Roberto Alonso, 
datata 1967 e ripresa da Victor Barykin; sulle note della partitura 
rivisitata da Rodion Å čedrin, alquanto stemperata da quella tensione 
drammatica presente nell'originale, la vita e la morte della celebre zingara 
assumono i tratti di una quotidiana, infuocata corrida. Interpretata dall'étoile
Eleonora Abbagnato, Carmen affronta e ama sia Don José (Jean-Sébastien 
Colau) sia Escamillo (Bruno Milo), dovendo però fare i conti 
con un'altra onnipresente figura fasciata di nero: quel funesto Destino (Sabrina 
Vitangeli) fin dall'inizio interrogato e sfidato, ineluttabile presagio di 
morte. Di forte impatto la scenografia, un emiciclo d'arena dominato da 
brillante sfondo rosso e sovrastato da un toro stilizzato su una sorta di 
stendardo calato dall'alto. 
L'ora successiva offre distensione e divertimento grazie a una tra le numerose, 
e poco conosciute, farse di Gaetano Donizetti: chiamato anche Il 
Campanello di notte o Il Campanello dello speziale, questo piccolo gioiello 
nasce nel 1836 e viene rappresentato il 1 giugno dello stesso anno per 
risollevare le sorti del Teatro Nuovo di Napoli. Traendo spunto dal 
vaudeville Le sonnet de la nuit e mantenendo un forte richiamo alla 
tradizione partenopea, il maestro bergamasco compone musica e parole di un'agile
pièce, in cui le poche arie si alternano a parti di prosa dialettale. 
Data l'entusiastica accoglienza da parte di pubblico e critica, Il Campanello 
assume in seguito le caratteristiche di operina buffa, assumendo tratti 
“universali” grazie alla traduzione italiana della parte affidata al basso e al 
passaggio da prosa a recitativo. Donizetti aggiunge inoltre l'esilarante 
aria con risposte Nº4 bis Mio signore venerato, in cui le abilità comiche 
dei due protagonisti maschili sono espresse alla massima potenza.
Interessante notare come proprio questa opera, nata per salvare il lavoro della 
compagnia napoletana e rappresentata solo una volta nell'edizione 1948 del 
Maggio, sia stata scelta come banco di prova finale per i Corsi di Alta 
Formazione per Cantanti Lirici e di Specializzazione per Scenografi di Maggio 
Fiorentino Formazione. Per questo, la messinscena diretta da Jean-Louis 
Grinda non è solo piacevole occasione per assistere a un'opera poco 
rappresentata, ma anche momento di confronto con il pubblico per gli allievi che 
hanno preso parte ai due progetti. 
Guidati da Raffaele Del Savio, i giovani scenografi realizzano una 
struttura elegante e dinamica: l'ampio ambiente in primo piano, dominato da una 
tavola imbandita per festeggiare il matrimonio dell'anziano speziale Don 
Annibale Pistacchio con la bella e giovane Serafina, è separato dallo 
sfondo tramite eleganti balaustre, gradini, colonne e archi. Una struttura a 
scorrimento verticale crea una trasparenza sul secondo piano, sede di divertenti 
festeggiamenti carnevaleschi e dei frenetici travestimenti del giovane Enrico, 
cugino e segreto innamorato di Serafina, impegnato nottetempo a evitare 
che il matrimonio venga consumato. In continuo movimento tra la bottega e la 
camera da letto, ambienti stilizzati dai colori vivaci ed emergenti dai lati 
opposti della scena, Don Annibale non riesce a conoscere biblicamente la 
sposina, poiché continuamente trattenuto dal campanello suonato da improbabili 
avventori alla ricerca di strampalati rimedi farmaceutici. Giunto il mattino, 
allo speziale non resta altro che salire in carrozza e partire per una lunga 
trasferta romana di lavoro: chissà che, frattanto, data l'evidente invalidità 
del matrimonio, Enrico non riesca a fare sua l'amata Serafina!
Sostenuti dall'Orchestra e Coro del Maggio, dai Maestri Fabrizio Maria 
Carminati e Piero Monti, i cantanti allievi del corso si muovono con 
disinvoltura nell'interpretazione dei personaggi assegnati; tra tutti spicca il 
baritono Mauro Bonfanti, abile e divertente in quella che risulta essere 
la parte più delicata e virtuosistica, dati gli esilaranti travestimenti di 
Enrico (un damerino francese, un cantante senza voce e l'anziano marito di 
una donna affetta da una misteriosa malattia), giocati sull'accentuazione degli 
elementi farseschi: il plurilinguismo, la spiccata gestualità, il ritmo 
frenetico di entrate e uscite. Non convince del tutto il basso Salvatore 
Salvaggio, un Don Annibale a tratti affaticato nel canto e poco in 
armonia con l'orchestra.
A completare il cast, il soprano Irene Favro nel ruolo di Serafina, 
il soprano Kamelia Kader in quello di Madama Rosa e il tenore 
Roberto Jachini Virgili nei panni del giovane di bottega Spiridione.
La trama è lineare, in qualche modo prevedibile, i personaggi sono piuttosto 
caratteri, maschere che individuano specifiche tipologie umane; la musica non 
regala passaggi memorabili, quanto una carezzevole alternanza di gradevoli arie 
alternate a lunghi recitativi accompagnati dal fortepiano. Il tutto è 
deliziosamente concepito per una risata genuina, per un'efficiente ed elegante 
macchina comica destinata a far trascorrere un'ora di evasione, intento che 
questo allestimento sa intercettare e sviluppare con successo.