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» Recensione dell'opera La Forza del Destino di Giuseppe Verdi al Teatro Regio di Parma

William Fratti, 14/02/2011

In breve:
Parma, 02/02/2011 - Dopo un Festival Verdi 2010 ricco di alti e bassi, il Teatro Regio di Parma torna alla ribalta con una magnifica produzione de La forza del destino, dimostrando di saper ancora essere un centro di produzione internazionale e un palcoscenico in grado di fare la differenza.


(Clicca sulle immagini per allargarle - Foto tratte dal sito del Teatro Regio di Parma)

Recensione Opera La forza del destino al Regio di Parma

Stefano Poda firma e crea uno spettacolo elegante ed estremamente contemporaneo con l'accuratezza di chi conosce ogni singola nota dello spartito. I solisti sono sempre in primo piano, con l'unico neo di non essere quasi mai in proscenio, se non in alcune scene. Coro, mimi e figuranti si muovono con la gestualità impressa da un coreografo degno di Pina Bausch.

L'impianto scenico è unico, ma le situazioni create con l'ausilio di due grandi carri dalle sembianze di pareti e con un disegno luci altamente suggestivo, sono delle vere e proprie opere d'arte surrealiste. Questo allestimento de La forza del destino di Stefano Poda è visionario, tragico, carico di carattere, a tratti difficile da comprendere poiché intriso di doppi, tripli, forse quadrupli significati e può non piacere o convincere del tutto, ma ad un'analisi obiettiva non è possibile non riconoscerne l'alto livello artistico.
Ad esempio qualcuno potrebbe lamentare la mancanza scenica dei frangenti comici fortemente voluti da Giuseppe Verdi, ma la maniera oscura in cui il regista trentino li ha sviluppati è comunque molto interessante, sia per la continuità contestuale col resto dell'opera, sia per l'effetto tragico che la comicità può avere in momenti drammatici, come la guerra in terzo atto, o la carestia in quarto.

Recensione Opera La forza del destino al Regio di Parma

Gianluigi Gelmetti sale per la prima volta sul podio dell'Orchestra del Teatro Regio di Parma e dirige la prima edizione musicale critica de La forza del destino con polso fermo e vigorosa intensità, mettendosi in luce già dalla celebre sinfonia. L'esecuzione integrale dell'opera è precisa e vivace, ricca di colori intensificati da un buon uso dei piani e dei forti.

Dimitra Theodossiou debutta la difficile e lunga parte di Donna Leonora e lo fa con la classe, l'eleganza e la forte presenza scenica che sempre la contraddistinguono. L'interpretazione che il soprano greco decide di dare all'eroina verdiana è molto vicina alla disperazione e alla rassegnazione nei confronti di un destino crudele, che il fraseggio altamente espressivo, i piani pregevoli e raffinati, i cromatismi ben accentuati, contribuiscono a rendere ancor più veritiero. Dimitra Theodossiou si discosta da talune esecuzioni eccessivamente irruenti e drammatiche a favore di un personaggio più misurato, musicalmente accurato, dove la linea di canto morbida ed omogenea e la voce calda e suadente ne escono chiaramente vincitrici. Il primo atto è reso in maniera equilibrata, sia in "Me, pellegrina ed orfana" che nel successivo duetto; nel secondo atto la tensione e l'intensità sono in crescendo, raggiungendo l'apice catartica in "Infelice, delusa, reietta… Se voi scacciate questa pentita" e la resa interiore con "La Vergine degli Angeli". Ma è nel finale in cui l'artista dona al pubblico un'impareggiabile prova di sé con "Pace, pace, mio Dio" e viene accolta con lunghi applausi e numerose richieste di bis. Pare comunque doveroso segnalare, trattandosi di un'esecuzione in edizione critica molto importante, che nel recitativo "Son giunta! Grazie, o Dio" il verso "L'ho seguito e il perde" è intonato più alto, mentre il celebre "Maledizione! Maledizione! Maledizione!" è ripetuto cinque volte come da tradizione, anziché quattro come da spartito.

Aquiles Machado dimostra di possedere una vocalità dall'accento sempre più verdiano, ricca di interessanti colori e con una buona capacità di fraseggiare. L'emissione non è delle più potenti, ma non è certamente una caratteristica per fare un grande tenore. Ciò che conta davvero, e lo si riscontra nella voce dell'artista venezuelano, sono un'appropriata intonazione, uno squillo luminoso, un passaggio uniforme e un buon controllo dei fiati che permetta un'abile utilizzo di piani e mezze voci, oltre ai già citati cromatismi e fraseggio. La parte di Don Alvaro è alquanto impegnativa, soprattutto nel lungo terzo atto, ma Aquiles Machado sembra dispiegare lo spartito con massima sicurezza ed ottiene un unanime consenso.

Vladimir Stoyanov purtroppo non sembra essere in perfetta forma e ciò lo si nota in tutto il registro acuto, che risulta opaco e smorzato. Il personaggio, Don Carlo di Vargas, è elegante e la vocalità da eccellente baritono qual è si riscontra nella zona centrale, ma certi passaggi molto alti, soprattutto in "Son Pereda, son ricco d'onore" e in "Morir! Temenda cosa… Urna fatale del mio destino… Egli è salvo! Gioia immensa", non sono affatto luminosi.

Recensione Opera La forza del destino al Regio di Parma

Roberto Scandiuzzi veste i panni del Padre Guardiano con estrema disinvoltura, forse più attento alla resa vocale che alla recitazione, ma risultando essere sempre un basso verdiano di altissimo livello. La sua interpretazione non è particolarmente intensa, ma l'esecuzione è certamente priva di sbavature, distinguendosi soprattutto lungo le frasi di "Or siam soli".

Carlo Lepore è un eccellente Fra Melitone, divertente e misurato nel personaggio, brillante nella voce, chiaramente in possesso di ottimo fraseggio, acuti saldi e puliti, oltreché in grado di sviluppare colori e accenti tanto nel canto spianato quanto nel parlato. Pur essendo un basso buffo generalmente attivo in altri repertori, sa vestire i panni del frate verdiano con la giusta interpretazione, sia musicale che drammaturgica, ed ottiene a ragione un grande successo personale, soprattutto per la resa di "Che? Siete all'osteria?".


Mariana Pentcheva, disapprovata dal pubblico durante la prima recita, porta a casa la pelle, meritandosi il plauso del pubblico. La parte di Preziosilla, pur essendo abbastanza breve, è ardua ed insidiosa, avendo bisogno di un mezzosoprano corposo nella vocalità, in possesso di centri importanti, ma in grado di portarli spesso all'acuto e con le agilità. L'artista bulgara è in parte in difficoltà nello svolgere le difficili pagine della zingara, ma il colore particolarmente caldo e scuro della sua voce e la tecnica ben impostata le permettono di ottenere un risultato più che apprezzabile, soprattutto in "Al suon del tamburo".
Sarebbe stato molto interessante ascoltarla nel ruolo di Azucena durante lo scorso Festival Verdi ed è auspicabile accoglierla nei panni di Ulrica nella prossima edizione.

Recensione Opera La forza del destino al Regio di Parma

Ziyan Atfeh, già applaudito nella recente produzione di Attila, è un possente Marchese di Calatrava, Alessandro Bianchini sa mettersi in mostra con un efficacissima interpretazione dell'alcade, mentre Myung Ho Kim è un Mastro Trabuco poco sonoro e Adriana Di Paola, una Curra dalla voce brunita, è in grave difficoltà in tutta la zona acuta. Talvolta apprezzabili (soprattutto le donne in quarto atto), talaltra meno (qualche voce e alcuni soldati in terzo) sono gli interventi solistici dei coristi e del chirurgo Gabriele Bolletta.
Il Coro del Teatro Regio di Parma guidato da Martino Faggiani si distingue sia per la prova vocale sia per la prova scenica e riscuote il giusto e meritato consenso.

 
 
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