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Recensione dell'opera lirica Lucia di Lammermoor di Donizetti in scena allo Stadttheater di Berna

William Fratti, 18/04/2012

In breve:
Berna, 5 aprile - Un nuovo allestimento di Lucia di Lammermoor di Donizetti firmato dal regista berlinese Kay Kuntze, con la vicentina Silvia Dalla Benetta nei panni della protagonista.


Lo Stadttheater di Berna mette in scena, per ben sedici recite, un nuovo allestimento del massimo capolavoro donizettiano, firmato dal regista berlinese Kay Kuntze e diretto dal maestro serbo Srboljub Dinic, con la vicentina Silvia Dalla Benetta nei panni della protagonista.

L'ambientazione di Kuntze, coadiuvato alle scene e ai costumi da Duncan Hayler, sarebbe davvero interessante, se non fosse stata forzatamente riempita e farcita di inutili fronzoli contemporanei, che perdono completamente senso essendo inseriti in un contesto differente. La romantica Scozia di Walter Scott diventa una sorta di periferia di città, bagnata, sporca e pericolosa; mentre la lotta politica tra le famiglie Lammermoor e Ravenswood sembra trasformarsi in uno scontro tra bande criminali. Fin qui tutto ha un senso, e in alcuni punti la trasposizione è resa in maniera davvero forte, quasi fastidiosa tanto è intensa.

Purtroppo le scelte di regia cadono su alcuni ornamenti davvero superflui, come Lucia che nella scena con Enrico sembra uscire da un bozzolo, o Arturo che assomiglia a Il corvo di Alex Proyas, o ancora Lucia che nella cabaletta conclusiva consuma un ridicolo banchetto di nozze con i fantasmi della sua famiglia, che verosimilmente assomigliano più a brutti zombi che partecipano all'ultima cena.
Ancor peggiore è la decisione di tagliare alcuni recitativi che non si accordano con la regia: purtroppo ciò che accade è che ci si trova a dover ascoltare Arturo che domanda "Dov'è Lucia?" quand'ella si trova esattamente davanti a lui.

Infine è doveroso spezzare una lancia a favore della sicurezza dei lavoratori del teatro. L'ambientazione dalle tinte forti voluta da Kuntze è molto suggestiva, anche se un po' troppo leather, ed è resa ancora più reale attraverso l'ideazione in scena di una pioggia continua, con tanto di acqua sul pavimento del palcoscenico. Tutti gli interpreti possiedono giustamente anfibi o scarpe antiscivolo e pesanti mantelli cerati – che tra l'altro si inseriscono perfettamente nella concezione registica – tranne la povera Lucia, provvista di un solo abitino premaman in jersey bianco e di ballerine ai piedi.

Occorre ricordare che durante la recita del 9 marzo Silvia Dalla Benetta ha avuto un grosso incidente, decidendo comunque di portare a termine lo spettacolo, ma dovendo rinunciare alla rappresentazione successiva per motivi di salute. Inoltre al termine della serata del 5 aprile, uno dei figuranti a piedi nudi è pesantemente scivolato sull'acqua. Questi episodi non dovrebbero avvenire.

Srboljub Dinic dirige con gusto la precisa Berner Symphonieorchester, anche se in alcuni momenti il suono pareva essere leggermente più forte del dovuto. È un vero peccato che l'opera sia rappresentata con quasi tutti i tagli di tradizione.

Silvia Dalla Benetta è un'interprete fuori dall'ordinario, non solo per la precisione musicale e l'ottima resa del personaggio, ma soprattutto per la vocalità. In tempi recenti si è abituati ad ascoltare il ruolo di Lucia eseguito da soprani leggeri, mentre l'artista vicentina, col maturare della voce, gode ora di tinte ben più drammatiche, naturalissime e mai forzate.
La differenza la si nota fin da subito con "Regnava nel silenzio", aria intrisa di note gravi in cui spesso occorre abbassare l'impostazione, ma ciò qui non accade. L'intera cavatina è eseguita con un elegante canto spianato, arricchita di tutti i piani e gli acutini necessari, e il da capo della cabaletta è impreziosito di belle variazioni e di una cadenza filata da pelle d'oca.
Il fraseggio del successivo duetto con Edgardo è davvero espressivo – peccato che i pianissimi siano un poco coperti da un suono orchestrale eccessivo per quella pagina – e la carica drammatica del duetto con Enrico è notevolmente intensa.
Durante la scena della pazzia, Silvia Dalla Benetta porta sul palcoscenico una raffinatezza musicale non comune, attaccando "Alfin son tua" con un filo di voce ed eseguendo la cadenza – accompagnata dalla straordinaria flautista Sakura Kindynis – con dei filati naturalissimi e davvero commoventi.

Giacomo Patti è un buon Edgardo e possiede una voce dal bel timbro squillante, con acuti sonori e ben saldi. Le sue qualità e le caratteristiche naturali sono certamente notevoli, ma avrebbero bisogno di essere abbellite da maggiore rotondità e ingentilite da un fraseggio più efficace, che certamente arriveranno con il tempo.
Ciò che occorre migliorare da un punto di vista tecnico sono l'uso dei colori e dei fiati, quest'ultimi al fine di affinare piani e pianissimi. "Verranno a te sull'aura" e il concertato della scena del matrimonio sono pagine eseguite molto bene, mentre il duetto della torre è meno riuscito. L'aria finale è corretta, ciononostante la scarsità di colori la rende un poco monotona.

Michele Govi sostituisce all'ultimo minuto l'indisposto Robin Adams nel ruolo di Enrico e di lui si apprezzano la tipica vocalità di baritono all'italiana e il bel passaggio all'acuto. Purtroppo le note basse e i recitativi non sono così apprezzabili e la sua performance passa così in secondo piano.

Carlos Esquivel nella parte di Raimondo non è all'altezza della situazione, presentando una voce che sembra addirittura usurata nonostante la sua giovane età.
James Elliot è un Arturo dalla bella voce chiara, anche se gli acuti appaiono leggermente indietro e la dizione è un po' British. Stjepan Franetovic è un Normanno davvero efficace, ottimo nell'interpretazione e provvisto di parecchia voce, seppur non eccessivamente musicale.
Hélène Couture è una corretta Alisa.
Buona la prova del Chor des Stadttheaters Bern diretto da Simon Rekers.

 
 
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