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Recensione dell'opera Bohème di Giacomo Puccini, Teatro alla Scala

guglielmo novalis, 12/10/2012

In breve:
" In molti luoghi dove sono stato ho trovato sempre persone che conoscono molto bene Manon e mi si dice che l'apprezzano più della loro. Questo mi ha fatto molto piacere. Smetto questa lunga tiritera augurando a lei, all'Italia, la desiderata tranquillità per il bene nostro e dell'arte...." Lettere di Giacomo Puccini Parigi, 15 maggio 1898


 

Mi sono seduto sul mio palco, dopo poco mi si è sistemato a fianco un anziano signore, dall'aspetto ottocentesco, con la barbetta bianca ed un vestito bizzarramente elegante che con un brillio negli occhi da fanciullo dopo qualche minuto mi ha detto con vivo trasporto: "che bello stasera ci ascoltiamo Bohème! Che musica, il libretto del primo quadro, così spiritoso, ed il secondo..Con una musica così commovente.." Non ho potuto non sorridergli.

Questa Bohème scaligera ha già come punto di partenza il gran fatto di essere Bohème, di Puccini, un compositore che riesce a commuovere sempre, sembra essere una sua prerogativa, ed anche quando gli interpreti non paiono essere tutti all'altezza della musica che stanno eseguendo, la magia innegabilmente si compie, e riesce a trasportarci nel suo mondo. Ed inoltre è la ripresa della celeberrima regia di  Franco Zeffirelli, semplice, lineare essenziale, a mio avviso sempre efficace, e fedelissima alla musica.

I personaggi di Bohème non sono eroi, non sono né il Manrico di Trovatore né la Violetta di Traviata, vivono i drammi della gente comune, ma la musica li rende maestosi, e ci fa piangere.

Dopo una partenza non eccellente per i due principali protagonisti, Pietr Beczala (Rodolfo) e Anita Hartig ( Mimì),  ho assistito comunque ad una buona prova di entrambi.

Il signor Beczala possiede un bellissimo timbro da lirico e delinea un Rodolfo convincente sulla scena, molto ben calibrato e sempre credibile, personalmente sino alla fine ho sentito la mancanza di acuti pieni, e ritengo che ciò sia da ascrivere alla pronuncia eccessivamente aperta di tutte le vocali nel registro medio.

La signora Hartig non possiede il timbro caldo delle Mimì a cui forse la nostra storia ci ha abituato, è  piuttosto chiara, ma devo dire che si è rivelata dal secondo atto interprete passionale e sensibile, ed il suo "Donde lieta" mi ha sinceramente commosso. La prova che dove non arriva la voce, a volte può arrivare l'artista.

La voce che ha destato in me il maggior interesse è stata sicuramente quella di Mario Cassi, bellissima, brunita, squillante e morbida in tutti i registri, e con un fraseggio accurato e un ottimo legato. Cassi è un giovane che sta facendo davvero bene, ricordo il suo Silvio scaligero di un paio di anni fa, la voce ora è ancora più potente, e quasi avvolgente. Bravo. La Musetta di Pretty Yende si è rivelata graziosa e accattivante, mentre il Colline di Marco Vinco mi ha convinto, non è dotato di uno dei più bei timbri che ci siano in circolazione, ma è un professionista di alto livello, e qui lo ha dimostrato. Lo Schaunard di Massimo Cavalletti è stato travolgente dal punto di vista scenico, direi che la voce ogni tanto perde di smalto, anche se la qualità è di tutto rispetto. Davvero spassosi l'Alcindoro di Matteo Peirone ed il Benoit di Domenico Colaianni.

La direzione del giovane maestro Daniele Rustioni si è sempre rivelata misurata, forse troppo, personalmente avrei desiderato più nuances, più colori, un vigore in certi passi assai maggiore, il rischio della correttezza in un repertorio come questo è la monotonia, e stasera un poco ve ne stata. Caldeggerei molto a questo giovane e talentuoso direttore ad osare maggiormente, rischiando certo, ma se nella vita non rischia...Non si rosica!

Completavano poi il cast Cristiano Cremonini nei panni di Parpignol, Ernesto Panariello (Sergente),  Roberto Lorenzi (un doganiere) e Marco Voleri (venditore ambulante). Il coro della scala è stato eccellentemente preparato, come al solito sottolinerei, dal Maestro Casoni.

Alla fine, solo per inciso, il vecchietto ottocentesco  aveva  le lacrime agli occhi.

 

 

 
 
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