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Recensione dell'opera Ernani di Giuseppe Verdi presso il Teatro Ponchielli di Cremona

William Fratti, 03/12/2012

In breve:
Spettacolo felicemente riuscito sia per la resa scenica che per la professionalità e l'elevato livello di tutti i protagonisti


Il Teatro Ponchielli di Cremona, come capofila nella coproduzione dei Teatri del Circuito Lirico Lombardo, apre i suoi festeggiamenti per il Bicentenario Verdiano con un nuovo allestimento di Ernani. Fa centro! Ciò che più contraddistingue questo spettacolo ben riuscito, sono l'amalgama, la coesione e l'intesa che si respirano in sala, come se musicisti, cantanti, tecnici e pubblico fossero un tutt'uno. Un altro grande merito va al fatto che il capolavoro del giovane Verdi è rappresentato per intero, con tutti i da capo e l'integrazione della cabaletta di Silva e della seconda aria di Ernani, quasi mai eseguita.

Andrea Cigni, che in molti lavori precedenti ha cercato di portare in scena visioni troppo personali, spesso dubbie o poco chiare e talvolta di gusto discutibile, questa volta è chiaramente ben focalizzato sull'opera. Resta lontano da un concetto puramente realistico, ma riesce a ideare un ambiente che sa unire la tradizione alla contemporaneità, il dramma umano a quello politico, ed è capace di tradurre in immagine i sentimenti del cuore. Il suo compito è coadiuvato dalle belle scenografie di Dario Gessati, semplicemente evocative, efficacissime nel dispiego della terribile vicenda, nel racconto di una storia che parla prima di onore, poi di amore per una donna, per la famiglia, per la patria. Incantevoli i costumi di Valeria Donata Bettella, che sarebbero troppo moderni ed eccessivamente di taglio sciancrato per un allestimento più empirico – mancano i farsetti e le calzamaglie, sostituiti da giacche, cappotti e pantaloni – ma che diventano perfetti in uno spettacolo che ricerca il nuovo attraverso la tradizione e che necessità di rimandi astratti piuttosto che di accenti veristi. Semplicemente commoventi, affascinanti e suggestive le luci di Fiammetta Baldiserri.

Il grande pregio di Antonio Pirolli, sul podio dell'Orchestra I Pomeriggi Musicali, è quello di mantenere saldo l'intero gruppo artistico, dalla buca al palcoscenico. Purtroppo la sua direzione, da un punto di vista interpretativo, non va oltre la norma, sia per mancanza di particolari finezze, sia per qualche segno di discontinuità, troppo lento in alcuni passaggi, eccessivamente stretto in altri.

Il ruolo del protagonista è affidato a Rudy Park, che sortisce mostrando fin da subito la quantità e la voluminosità della sua voce, dotata di squillo limpido e potente. Purtroppo il tenore sembra conoscere solo il canto forte e mezzo forte, pertanto ha bisogno di ingentilire il suo canto, imparare a sfumare i colori e ad ammorbidire l'emissione. Anche l'appoggio, durante l'aria di apertura, non sembra perfetto e qualche nota risulta leggermente stonacchiata, ma ciò pare dovuto solo all'emozione, poiché col procedere della parte la sua performance tende al miglioramento, soprattutto nella difficile “Odi il voto” e nella successiva cabaletta.

Maria Billeri torna sul palcoscenico cremonese dopo il grande successo di Medea e lo fa in perfetta forma. La sua voce notevolmente importante è certamente una delle più adatte ad interpretare il repertorio drammatico verdiano, ma deve compiere ancora molta strada per arrivare là dove può arrivare con la sua vocalità e le sue potenzialità. Le note centrali sono eccellenti, mentre quelle basse, pur essendo piacevoli, sono talvolta prive di corposità, ma la colpa è anche del compositore, che spinge la protagonista fino al si sotto il rigo. Invece gli acuti sono un poco striduli e molti suoni sono imprecisi e poco puliti.

Alessandro Luongo è una vera scoperta nel ruolo di Don Carlo. Già in primo atto presenta un buon uso dei colori e degli accenti e un'ottima resa del personaggio, mentre in secondo atto esegue egregiamente la temibile aria di stampo belcantista. Successivamente sfoggia un fraseggio elegantissimo in “Oh, de' verd'anni miei” ed è sinceramente emozionante nel concertato “O sommo Carlo”. Per i più tradizionalisti, che vorrebbero un Don Carlo dotato di maggior spessore, è doveroso citare un commento dello stesso Giuseppe Verdi a proposito di un baritono dell'epoca: “come vuol fare con quel vocione a cantare il delicato vieni meco sol di rose”?

Enrico Iori conclude in maniera eccellente la rosa dei protagonisti. Nella sua aria di sortita presenta una perfetta coesione tra colori e sfumature, tra accenti e fraseggio e una totale intesa tra interpretazione vocale e resa del personaggio. Particolarmente intenso e toccante è “Io l'amo... al vecchio misero” in secondo atto, come pure l'intero terzetto conclusivo dell'opera. Un'altra nota di encomio che va all'artista è la sua competenza nella proiezione: spesso, nei concertati, le voci gravi vengono nascoste dal peso corale e orchestrale, mentre la sua voce è sempre udibile in primo piano.

Ottima la resa dei comprimari, Gianluca Margheri nei panni di Jago e Saverio Pugliese in quelli di Don Riccardo. Soddisfacente la Giovanna di Nadiya Petrenko.

Riguardo la prova del Coro del Circuito Lirico Lombardo diretto da Antonio Greco, come spesso è già accaduto in altre occasioni, ci sono elementi che non funzionano appieno. Purtroppo nel bel coro di apertura “Evviva! Beviamo!” alcuni tenori sforano, mentre in “Esultiamo! Letizia ne innondi!” tal altri restano indietro.

Al termine dello serata il pubblico cremonese accoglie giustamente con calore tutti gli artisti impegnati. Lo spettacolo è riuscitissimo ed il merito è di tutti.

 

 
 
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