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Recensione dell'opera Don Giovanni di W.A. Mozart dal Teatro Carlo Felice di Genova

William Fratti, 11/12/2012

In breve:
Un Don Giovanni deludente per monotonia e mancanza di brio nonostante la bella prova di alcuni interpreti


Il Teatro Carlo Felice di Genova apre la Stagione Lirica 2012-2013 con Don Giovanni di Wolfgang Amadeus Mozart, nella produzione firmata da Elisabetta Courir, proveniente dall'Opera Giocosa di Savona e dal Teatro Sociale di Rovigo. Il fatto che uno spettacolo di provincia inauguri il cartellone di un ex ente lirico non sembra essere di buon auspicio, tanto più se si tratta di un allestimento un poco approssimativo, fatto di qualche asse e qualche cassa di legno, posizionato su un palcoscenico altamente tecnologico e dotato di torre scenica. La semplicità e l'austerità dell'apparato predisposto da Guido Fiorato con le luci di Luciano Novelli, potrebbe avere un valore se fosse il luogo di svolgimento della vicenda sviscerata da una regia improntata sulla parola, sul gesto, sulle sfumature caratteriali di ogni singolo personaggio, ma per fare questo occorre una genialità ben poco comune. Pertanto il risultato ottenuto dal gruppo di lavoro guidato dalla Courir diventa noioso e antiquato.

Sul fronte musicale Giovanni Di Stefano non aiuta il pubblico a tenere gli occhi aperti, se non nei concertati, che appaiono più un ammasso confusionario che non pagine scritte dal genio salisburghese. Talvolta l'orchestra è tanta e tende a snaturare il carattere classicheggiante del dramma.

Andrea Concetti riesce a dipingere un personaggio accattivante, ottenendo anche un esito discreto nell'esecuzione vocale, ma non va oltre la media. Nel celebre duetto “Là ci darem la mano” è prodigo di colori e sfumature e la serenata “Deh, vieni alla finestra” è ben riuscita, elegante e di buon gusto – ottimo il mandolino in scena di Amelia Saracco – ma lo stesso non vale per la successiva “Metà di voi qua vadano”.

Il Leporello di Maurizio Muraro è ben efficace, più nella resa degli accenti e nel recitativo che nel cantabile. In effetti non spicca per musicalità in “Madamina, il catalogo è questo”, ma si fa apprezzare per tutto il corso dell'opera per la qualità del fraseggio e la resa del personaggio.

Sonia Ganassi, come sempre, è interprete di altissima levatura e professionista di notevole importanza, ma come già accaduto di recente, negli ultimi tempi ha perso di rotondità e purezza di suono negli acuti e talvolta sembrano essere quasi striduli. Ciononostante la sua linea di canto, nonché la tecnica che la sostiene, restano di innegabile valore e “Mi tradì, quell'alma ingrata” è interpretata col giusto accento. Peccato che la sua Donna Elvira sia resa, presumibilmente per volere della regia, in maniera così remissiva.

Jessica Pratt è una Donna Anna raffinata, piacevole nei pianissimi e nei filati naturali, abile nel fraseggio. Il suo personaggio appare più un'eroina romantica che classica, ma non è certo aiutata nella recitazione da questo tipo di spettacolo.

Paolo Fanale torna al ruolo del suo debutto ed interpreta con eleganza e raffinatezza un Don Ottavio di classe. Il suo gusto musicale è totalmente rispettoso della grazia e dello stile mozartiano e, al di là di una linea di canto sempre omogenea e ben impostata, sfoggia un ottimo controllo dei fiati, prodigandosi in toccanti mezze voci in entrambe le arie e nel finale dell'opera.

Vassiliki Karayanni è una Zerlina appena efficace solo nella resa del personaggio. Purtroppo la voce è spesso tirata e stridula e se non è affetta da indisposizione e ciò accade in un ruolo relativamente semplice come questo, forse ci sono dei problemi che vanno risolti al più presto.

Francesco Verna è un Masetto adeguato ed opportuno nell'esecuzione vocale ed interpretativa.

Sufficiente la prova del Coro del Teatro Carlo Felice diretto da Patrizia Priarone.

 

 
 
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