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RECENSIONE DELL'OPERA “ DAS RHEINGOLD (L'ORO DEL RENO)“ DI RICHARD WAGNER DAL TEATRO MASSIMO DI PALERMO

Gigi Scalici, 01/02/2013

In breve:
Palermo, 27 gennaio 2013 – In occasione del bicentenario della nascita del grande drammaturgo e musicista tedesco, il Massimo inaugura la nuova stagione lirica con il prologo de Der Ring des Nibelungen (L'anello del Nibelungo) con il consueto singolare nuovo allestimento di Graham Vick - scene e costumi di Richard Hudson. Concertazione e Direzione d'orchestra di Pietari Inkinen.


L'Oro del Reno ha aperto a gennaio la tetralogia (Wagner  preferiva definirla trilogia preceduta dalla “vigilia” dell'Oro del Reno) che proseguirà a febbraio e marzo per la prima giornata della sagra scenica con Die Walküre (La Valchiria) e si concluderà a fine anno, rispettivamente con la seconda e la terza giornata, con Siegfried  (Sigfrido) nel mese di ottobre e Götterdämmerung  (Il crepuscolo degli dei) a novembre e dicembre.

A metà dei quattro spettacoli verranno messe in scena tre frequenti opere popolari di Giuseppe Verdi, di cui ricorre anche il bicentenario della nascita, si inizia e si termina quindi con il musicista dalla grande cultura storico-letteraria, che rispetto all'altrettanto grande compositore nazionale è meno rappresentato. Nonostante sia molto apprezzato nel capoluogo siciliano in cui notoriamente completò il Parsifal, anche  con l'aiuto dell'harmonium posto nella sala pompeiana del Massimo, dove gli è stata dedicata un'esposizione di foto, bozzetti e costumi di scena di opere rappresentate.

L'intero nuovo allestimento de Der Ring des Nibelungen  è affidato alla regia di Graham Vick ed alla direzione d'orchestra di Pietari Inkinen ed alcuni personaggi del cast, identico per tutti i turni, sono rappresentati dagli stessi artisti.

Tutto quanto per dare una certa continuità rappresentativa, anche se l'autore gradiva che il suo massimo capolavoro fosse messo in scena in un'unica settimana ( impresa che invece attuerà il Teatro alla Scala nel prossimo mese di giugno).

Per Das Rheingold  la lettura del famoso regista inglese, al solito è singolare. Ci sono poche figure che richiamano la nota fiaba ricavata dalle antiche mitologie germaniche e scandinave, la rappresentazione si svolge nel vasto  palcoscenico di oltre 1000 mq, assolutamente spoglio di quinte e di arredi e sempre a sipario aperto, sin dall'inizio. Sono gli interpreti ed i figuranti che arredano le quattro scene - illuminate dal buon gioco di luci di Giuseppe Di Iorio - con costumi ed oggetti assolutamente moderni che recano al momento. Unico impianto, un funzionale ascensore trasparente per l'accesso al Nibelheim. 

Tutto subisce una trasposizione ai tempi attuali, in cui la metafora wagneriana sul destino dell'umanità, succube della brama del potere, causa di infinite lotte, sventure, maledizioni ed invidie è assolutamente attuale (con particolare riferimento a denaro, sesso e droga) e che sin dall'ottocento metteva in evidenza la crisi della civiltà capitalistica con tutte le conseguenti contraddizioni. Probabilmente si preferirebbe - soprattutto per lo spettacolo wagneriano ed in alternativa ad una messa in scena tradizionalmente fantastica - una riduzione all'essenziale, ma con riferimenti classici che darebbero forse maggior contezza alla sviluppo della complessa vicenda. Il risultato è tuttavia altrettanto positivo, soprattutto per chi desidera assistere ad uno spettacolo assolutamente rinnovato da tutti i punti di vista e per i giovani alle prime esperienze teatrali per i quali una versione classica sarebbe forse sembrata troppo impegnativa.  

In breve - come si può riscontare meglio sul web del Teatro Massimo  e su You Tube - non ci sono i nani Nibelunghi  sopraffatti dall'avido Alberich  che rinnega l'amore per l'oro ed il potere, bensì attivi agenti di borsa con portatili e leggii al seguito, le rive del Reno sono rappresentate da un lungo serpente di sedie in plexiglas realizzato dai figuranti, che vestendo impermeabili trasparenti rappresentano anche il movimento delle onde. Sulle sedie, si muovono dinamicamente cantando le tre ondine in succinta tenuta d'ufficio, prendendosi gioco anche eroticamente del bramoso re del Nibelungo.

I giganti Fasolt e Fafner  sono comuni operai di cantiere edile, con tuta da lavoro e casco di sicurezza a bordo di transpallet elettrici, per il trasporto dei grossi e pesanti lingotti d'oro, che confrontano con la dea della giovinezza Freia per il baratto. Loge, dio del fuoco, che sale sul palco soffermandosi prima in platea, è in normale abito rosso e dal comportamento assolutamente disinvolto. Donner, esuberante dio del tuono è munito di un grande martello per il gioco del polo che agita continuamente. Wotan, sovrano degli dei, la moglie Fricka e la madre della terra Erda, in eccentrici abiti borghesi. Quest'ultima  esordisce con esuberanza: è una star vivacemente illuminata dall'occhio di bue.

La direzione dell'organico strumentale al completo, affidata al Maestro finlandese Pietari Inkinen nell'esecuzione dell'opera del famoso ideatore del leitmotiv, è costante e valida, l'orchestra esegue la partitura prevalentemente sinfonica con cura ed attenzione da parte di tutte le sezioni strumentali. Gli episodi musicali di questo capolavoro operistico sono eseguiti con raffinatezza, in particolare all'inizio, con il “pedale” in Mib del tema dell'elemento primordiale, che si estende gradatamente sino all'arpeggio, e nell'epilogo assolutamente sinfonico, che va dallo schianto del martello del dio del tuono al soave e triste lamento delle figlie del Reno. Forse in alcune misure si sarebbe gradita una certa esuberanza strumentale, caratteristica di alcune esecuzioni wagneriane, sia per le dinamiche degli strumenti a fiato e delle percussioni, sia per lo stacco dei tempi, ma non è certo facile stabilire quale sia la concertazione più corretta. Tuttavia si deve riconoscere al giovane Maestro il perfetto equilibrio musicale e sonoro tra gli strumenti e le voci, tutte all'altezza dei rispettivi complessi ed anomali ruoli. 

Un cast completo di ottimi artisti distintisi sia come solisti, sia come interpreti (arduo cimento in una messa in scena così atipica) nella partitura in cui prevalgono fraseggio e recitativi.

Simpatiche le tre ondine che in atteggiamenti sexy oltre a cimentarsi in agilità vocali, devono saltellare e distendersi sulle sedie di plastica durante il colloquio con Alberich: Ana Puche Rosado (Woglinde) e Christine Knorren (Wellgunde)  Soprani, Lien Haegeman (Flosshilde) Mezzosoprano, di chiara dizione ed ottima estensione nei rispettivi registri, con ottimi colori e  sicura emissione.

Alberich  è Sergei Leiferkus, esperto basso di origine russa dal bel timbro scuro, a proprio agio nel moderno e potente ruolo del re dei Nibelunghi, particolarmente attento alle quotazioni dell'oro in borsa.

Franz Hawlata nell'altro ottimo ruolo di basso baritono, come Wotan padre degli dei, apparendo spesso nella sua autorevolezza distaccato ed indifferente, riesce a conferire al personaggio la corretta inquietudine interiore della sua continua indecisione, caratterizzata dai frequenti leitmotiv ed angosciato spesso dall'imponente e suadente moglie Fricka, alias Anna Maria Chiuri , affermata Mezzosoprano nei maggiori ruoli del suo registro, unica artista italiana del cast. 

Si distinguono poi, la giovane Soprano Stephanie Corley/Freia  dea della bellezza e sorella di Fricka, per la raffinatezza vocale interpretativa ed il corretto fraseggio; l'ottimo dio del fuoco Loge del tenore Will Hartmann, particolarmente a proprio agio nella disinvoltura del ruolo astuto ed infido; i due sfruttati fratelli giganti Fasolt/Keel Watson e Fafner/Christian Hübner  ed il dio del tuono Donner/Eric Greene dai possenti ed estesi timbri di bassi/baritoni. Completano il cast, Mime/Robert Brubaker fratello vittima di Alberich , Erda/Williams Ceri profetica dea della terra, potente ed esuberante contralto e Froh/Alex Wawiloff  tenore, nei rispettivi brevi ruoli loro assegnati.

Spettacolo del turno domenicale, durato complessivamente circa 2 ore e 45 minuti – “tutto d'un fiato” come previsto, senza alcun intervallo tra le quattro scene – tuttavia approvato ed acclamato da un folto pubblico, composto anche da molti appassionati d'oltralpe, molto attento per l'intera durata e che ha applaudito tutti al termine. 

 
 
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