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Recensione dell'opera Don Carlo di Giuseppe Verdi dal Teatro Regio di Torino

William Fratti, 19/05/2013

In breve:
In occasione dei festeggiamenti del quarantesimo anniversario della riapertura, il Teatro Regio di Torino punta su un cavallo vincente, con la messinscena di Don Carlo di Giuseppe Verdi nell'allestimento di Hugo De Ana e la direzione di Gianandrea Noseda.


In occasione dei festeggiamenti del quarantesimo anniversario della riapertura, il Teatro Regio di Torino punta su un cavallo vincente, con la messinscena di Don Carlo di Giuseppe Verdi nell'allestimento di Hugo De Ana e la direzione di Gianandrea Noseda. Indubbiamente lo spettacolo del regista argentino è uno dei migliori in circolazione, sia per la qualità di scenografie e costumi, sia per l'aspetto tradizionale ma al contempo moderno e altamente tecnologico, sia per il gusto teatrale e la sapienza con cui sono curati tutti i dettagli e la gestualità di ogni persona presente in palcoscenico, sia per l'altissima attenzione alla filologia e ad ogni singola parola del libretto.
 
Gianandrea Noseda guida la valida Orchestra del Teatro Regio con fare esperto e sicuro, prodigandosi in una direzione ricchissima di colori e sfumature, soprattutto negli strumenti a fiato, importantissimi nell'organico strumentale di questo capolavoro verdiano. Il Maestro milanese sa far dialogare buca e palcoscenico creando momenti di alta intensità emotiva in perfetta sintonia con il teatro del compositore delle Roncole.
 
Nello spettacolo di domenica 14 aprile, Ramon Vargas veste i panni del protagonista e fin dalla prima romanza fa sentire pregi e difetti della sua performance, che purtroppo risulta essere di livello inferiore rispetto il suo solito. La morbidezza delle note centrali, dopo il passaggio all'acuto, lascia il passo ad un'emissione tirata ed il risultato non è propriamente piacevole.
 
Svetlana Kasyan sostituisce l'indisposta Barbara Frittoli, ma non ha le doti né la stoffa necessarie ad affrontare la parte di Elisabetta. Il suo timbro è molto interessante e pare possedere una vocalità importante, ma la tecnica è alquanto approssimativa. È discontinua, a tratti si indurisce e talvolta perde l'intonazione.
 
Ildar Abdrazakov, nel ruolo di Filippo II, ha tutto lo spessore del vero cantante verdiano, musicalissimo, attento alla purezza del suono e all'uso della parola, nonché fraseggiatore abilissimo. Durante il finale centrale irrompe con la sua presenza scenica, forte e autorevole, rendendo un personaggio molto intenso e si prodiga in un terzo atto ricchissimo di colori e di accenti, in cui emoziona, tra le altre cose, per il sapiente uso dei pianissimi.
 
Ludovic Tézier è un eccellente Marchese di Posa, in possesso di una linea di canto molto morbida ed omogenea, con una vocalità di una certa consistenza utilissima a scene di forte impatto come la doppia aria della morte, ma anche perfettamente in grado di saper alleggerire dove occorre, risultando dunque musicale e centrato anche nella temibile romanza “Carlo, ch'è sol il nostro amore”.
 
Daniela Barcellona è indiscutibilmente una grande artista e professionista e, pur trattandosi di un debutto, dona al personaggio di Eboli una grinta fuori dall'ordinario. Purtroppo il risultato in termini vocali non è altrettanto felice e nonostante la sua ottima preparazione tecnica non riesce a evitare lo stesso grosso errore commesso da molte sue colleghe belcantiste prima di lei. La cantante triestina affronta il difficile ruolo appesantendo la propria voce, con la conseguenza di schiacciare molte agilità – quando invece esse risultano essere solitamente uno dei suoi punti forti – e di forzare negli acuti, che dunque diventano corti e tiratissimi.
 
Marco Spotti è un eccellente Inquisitore, sia nell'interpretazione – alquanto realistica – sia nella voce, da vero basso profondo, ma senza rinunciare alla bellezza del cantabile e alla sicurezza delle note più alte.
 
Roberto Tagliavini è un ottimo frate e rende un giusto omaggio alla bellissima aria a lui dedicata “Ei voleva regnare sul mondo”. Sonia Ciani è un Tebaldo un po' stiracchiato. Erika Grimaldi è una corretta ed efficace voce dal cielo, ben intonata e ben salda negli acuti. Dario Prola (14 aprile), Alejandro Escobar (16 aprile) e Luca Casalin sono adeguati nelle parti del conte di Lerma e dell'araldo reale. Più opportuni nella recita del 16 che in quella del 14 i deputati fiamminghi, interpretati da Fabrizio Beggi, Scott Johnson, Federico Sacchi, Riccardo Mattiotto, Franco Rizzo, Marco Sportelli.
 
Nello spettacolo di martedì 16 aprile il protagonista è interpretato da Hugh Smith, che all'ultimo minuto sostituisce il nome in locandina di Alex Vicens il quale, a sua volta, subentrava al precedentemente annunciato Roberto De Biasio. Il tenore americano ha tanta voce e bella, ma sembra non sappia dove metterla. Oltretutto gli acuti sono indietro.
Elisabetta è nuovamente Svetlana Kasyan, che si presenta più sicura e più intonata.
 
Filippo II è Giacomo Prestia, la cui performance risulta essere ancora migliore rispetto il recente Don Carlo modenese e piacentino, forse complice una direzione decisamente superiore.
 
Rodrigo è Dalibor Jenis. Voce squillante, accento verdiano, fraseggio espressivo.
 
Eboli è Anna Maria Chiuri, vocalità molto morbida, anche negli acuti più estremi, linea di canto decisamente omogenea, piani e pianissimi particolarmente eleganti, timbro tipico da mezzosoprano verdiano. Solitamente dotata di emissione potente e voluminosa, stranamente, durante la recita in oggetto, in alcuni momenti risulta leggermente coperta dal peso orchestrale.
 
Il grande Inquisitore è Aleksandr Vinogradov, toccante ed intenso nell'interpretazione, ottimo nella resa vocale, tanto nei gravi, quanto nei centri e negli acuti.
 
Molto buona è la prova del coro diretto da Claudio Fenoglio.
 
 
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