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Poker di baritoni: Mario Basiola, Carlo Tagliabue, Gino Bechi e Tito Gobbi

Gigi Scalici, 15/05/2009

In breve:
La letteratura operistica e la discografia sono ricche di recensioni e di album sui grandi soprani e sui grandi tenori, ma molto meno per quanto riguarda le estensioni vocali del registro medio-grave. In particolare parleremo dei Baritoni: Mario Basiola, Carlo Tagliabue, Gino Bechi e Tito Gobbi.


La letteratura operistica e la discografia sono ricche di recensioni e di album sui grandi soprani e sui grandi tenori, ma molto meno per quanto riguarda le estensioni vocali del registro medio-grave. Quella dei baritoni è ad esempio una categoria sicuramente molto apprezzata ma non divulgata a pari merito dei suddetti, nonostante la storia della lirica sia ricca di grandissimi nomi.
In questa circostanza – lungi dal voler fare confronti tecnici tra questi straordinari artisti - si pongono in risalto quattro tra i più grandi interpreti del novecento che – interposti tra quelli ormai storici e tra gli attuali in carriera – rappresentano un pezzo di storia interpretativa della musica lirica.

Si prende spunto dall'album Four Famous Italian Baritones, edito nel 1997 dalla Arckiv Music, per citare in ordine cronologico:

Mario Basiola, Carlo Tagliabue, Gino Bechi e Tito Gobbi, in registrazioni comprese tra il 1935 ed il 1942, scelte con attenzione, praticamente il loro meglio di quel periodo.

 

Mario Basiola Mario Basiola, tra i quattro è quello dal timbro più chiaro di tutti, ma nobile, esteso, pastoso, “rotondo”, ricco di armonici soprattutto nel registro centrale e dotato di una cantabilità di pregiata bellezza.
Nato nel 1892 e scomparso nel 1965 ad Annicco, Cremona, è stato acclamato interprete internazionale, prevalentemente nelle opere del bel canto e degli autori francesi, ma anche grande esecutore del melodramma verdiano, pucciniano e delle ultime opere veriste. La sua carriera si è sviluppata a cavallo delle due guerre mondiali; esordì infatti nel 1915 per concluderla nel 1952 e forse a causa di questo è stato ingiustamente meno apprezzato degli altri colleghi. Insegnante di canto, è stato seguito dall'omonimo baritono, il figlio Mario. A lui è intestato il famoso concorso di Cremona per cantanti emergenti ed il Comune di Annicco sul proprio web gli ha dedicato online una breve ma significativa biografia.

Esemplare altresì l'idea dell'artista che, tornato in Italia dopo tanti anni di successo a New York, si fece costruire una bella villa che riproducesse in miniatura il Metropolitan. Oggi la Villa Basiola di Annicco è un'elegante e prestigiosa sede di manifestazioni culturali musicali (Cremonamostre.it).

Nell'album si dà ampio merito soprattutto al Largo al factotum rossiniano de Il barbiere di Siviglia per la brillantezza, l'agilità del fraseggio e la sicurezza nell'estensione, mentre A tanto amor de La Favorita di Gaetano Donizetti e Vision fugitive (in lingua italiana) de Hérodiade di Jules Massenet sono una lezione di bel canto per la bella espressione e la nobiltà dello stile.


Carlo Tagliabue Con Carlo Tagliabue si torna ai baritoni lirico-drammatici di “vecchia scuola” dal classico bel timbro brunito ed esteso, dagli acuti intensi e sicuri, dalla voce morbida e dal fraseggio sicuro anche nelle mezze voci e nei filati.
Nacque a Mariano Comense nel 1898 e si spense ottantenne a Monza. La sua carriera è compresa tra il 1922 ed il 1962. Si distinse giovanissimo nel corso della prima guerra mondiale per meriti di canto. Dotato di una tecnica sopraffina riusciva a colmare talune insufficienze interpretative ed è stato tra i baritoni più acclamati nelle interpretazioni verdiane. Ottimo interprete di Rigoletto e di Jago, ma anche wagneriano e del repertorio romantico, ha cantato con i colleghi più grandi di quel bellissimo e fortunato periodo della lirica: Maria Caniglia, Claudia Muzio, Beniamino Gigli, Giacomo Lauri Volpi e successivamente con Maria Callas, Renata Tebaldi, Mario Del Monaco e Giuseppe Di Stefano.
Dedicatosi infine all'insegnamento è stato maestro del baritono Giangiacomo Guelfi. Sono molte le sue registrazioni, anche dal vivo. Preziosa la Forza del Destino con Maria Callas, Richard Tuckers, Elena Nicolai e Nicola Rossi Lemeni, diretti da Tullio Serafin, Teatro alla Scala del 1954 – Emi.

Scrisse di lui Mario Rinaldi - Il Messaggero, 6 agosto 1956 (Giorgio Gualerzi, dal Bollettino dell'Istituto di studi verdiani di Parma del 1982):
Artista che conosce gli accenti e l'arco della melodia verdiana come pochi

Nell'album della Arckiv Music, si distingue per le importanti interpretazioni in Pari siamo di Rigoletto ed Eri tu che macchiavi quell'anima da Un ballo in maschera di Verdi, per il bel timbro scuro, l'intensità e la precisione degli acuti ai limiti dell'estensione e nel contempo per la nobiltà del porgere la frase.


Gino Bechi Gino Bechi è stato indubbiamente il baritono più completo di quel periodo, sia sul piano musicale sia su quello interpretativo. L'ampia estensione, il bel colore molto scuro del timbro, la tecnica, la potenza, le lunghissime corone, la sicurezza e le qualità interpretative lo hanno reso forse il più amato dalle platee internazionali, quasi al pari di quel gran baritono che era stato Titta Ruffo, cui si era ispirato.
Nato nel 1913 a Firenze ed ivi scomparso nel 1993, ebbe una carriera colma di meritatissimi successi, sin dal 1936 in tutti i teatri del mondo, soprattutto nel ruoli verdiani, ma anche in Rossini, nel repertorio romantico ed in quello verista. La sua migliore resa vocale è stata in maggior parte negli anni quaranta, in cui ancora brillava per lo smalto della voce e per la ricchezza interpretativa.
Fu protagonista di innumerevoli interpretazioni eseguite sempre con gran generosità e continuò l'acclamata carriera sino agli anni sessanta. E' stato un Figaro, un Rigoletto, un Germont, un Jago, un Gerard di riferimento per tutti gli altri colleghi che sono subentrati. Grande attore musicale, anche di genere non propriamente operistico, lo ricordiamo nel video di Traviata con Anna Moffo, opera del suo debutto nel mondo dell'opera. Ritiratosi dal palcoscenico, nel 1965 iniziò ad insegnare a Firenze e negli ultimi anni volle provare anche in Cina.
 

Come registrazioni prevalgono le filmografie, eccetto alcuni album dei migliori anni. La scelta della Arckiv Music anche per Bechi è stata più che appropriata: in pratica O de' verd'anni miei di Ernani, Cortigiani vil razza dannata di Rigoletto, il Credo in un Dio crudel dell'Otello di Giuseppe Verdi e Nemico della patria di Andrea Chenier di Umberto Giordano, sono chiaro esempio di grande scuola di canto.
Peccato che manchino arie di Rossini, come Largo al factotum del Barbiere di Siviglia e Resta immobile del Guglielmo Tell, che si possono invece ascoltare in un album rimasterizzato del 1955 della Emi.

Scrisse di lui Giorgio Gualerzi, dal Bollettino dell'Istituto di studi verdiani di Parma del 1982:
Gino Bechi ha posto la voce (ed è superfluo ripetere quale forma di suggestione timbrica possegga la voce di Bechi) al servizio della musica, dalla prima all'ultima battuta, e questa crediamo che sia la più alta lode che gli si possa fare.
Riportiamo pure fedelmente un simpatico stralcio in calce all'articolo - colmo di complimenti per le sue note caratteristiche di cantante attore dalla spiccata personalità - scritto da Lattes Wanda nell'edizione del Corriere della sera del 3 febbraio 1993 per l'Artista, anche noto collezionista di trenini, morto il giorno prima.

Scomparso Gino Bechi, il re dei baritoni che sognava i treni

…… Raccoglieva centinaia di vagoncini, stazioni, rotaie; aveva sfondato le pareti di casa per far correre senza ostacoli i treni del suo sogno. …… Il racconto che più l'emozionava era quello del debutto alla Scala nel '36: arrivò chiamato d'urgenza da Marinuzzi accanto a Gigli e alla Cigna per "La forza del destino". Salì le scale verso il camerino letteralmente in mutande per indossare in tempo l'abito di scena. Non sbagliò una nota. ……


Tito Gobbi Con Tito Gobbi, nato a Bassano del Grappa, coetaneo di Gino Bechi e scomparso prima a Roma nel 1984, si chiude questo ciclo di grandi Baritoni. Grandissimo interprete, anche se di qualità vocali non eccellenti ma di pregevole tecnica, non può non essere ricordato come Rigoletto, Jago e Scarpia di riferimento degli anni cinquanta.
Le registrazioni della Emi con la direzione di Serafin, con Maria Callas e Giuseppe di Stefano, di Rigoletto e Tosca sono forse insuperabili per qualità di canto e di interpretazione, grazie anche al grande affiatamento che avevano i tre attori.
Ha colmato con gran raffinatezza di espressione, di precisione degli accenti e con accuratissime interpretazioni talune lacune che a confronto con Gino Bechi non potevano non emergere. Esemplare nel recitar cantando, studiava i suoi personaggi in tutti i particolari adattandoli a se stesso per renderli più possibilmente realistici, attuali, con dovizia di particolari, sia nei costumi, sia nei trucchi.
In Tito Gobbi si distinguono sia lo stile di Bechi sia quello di Mario Basiola al quale sicuramente si era ispirato. Il primo per le interpretazioni verdiane che lo hanno pure reso famoso, il secondo per le arie romantiche che sapeva eseguire con estrema raffinatezza.


Inizialmente dal timbro chiaro, nel corso della carriera la sua voce si fece sempre più spessa, sino a potergli consentire di cantare i ruoli più scuri, ma Gobbi non è stato soltanto interprete verdiano e pucciniano, il suo repertorio vastissimo si estende ad esempio da Monteverdi a Mozart, Rossini,Bellini, Donizetti, Wagner, agli ultimi veristi, nonché sino ad Alban Berg.
Anche lui ottimo attore cinematografico-cantante, dedicò gli ultimi anni alla regia, alla scenografia ed all'insegnamento, dando il massimo ai suoi allievi, cercando di trasmettere loro con generosità tutta la propria esperienza.

La sua discografia è notevole, nell'album in questione si è data particolare attenzione alle arie di Don Giovanni di Mozart Deh veni alla finestra, risolta con una raffinatezza senza eguali e Buona Zazà e Piccola zingara di Zazà di Leoncavllo, per evidenziare le sue qualità espressive ed interpretative, dai bei colori, dai significativi accenti e dall'ottimo fraseggio.

Dice di lui Luca Chierici ( CD “Great Voices”) da “associazionetitogobbi.com”:

E' certo che se si tenta di riassumere la figura di Gobbi attraverso l'esame cronologico di una carriera vastissima e la straordinaria varietà di personaggi affrontati sul palcoscenico è difficilissimo negare di trovarsi di fronte a una personalità di cantante, di interprete, di attore che probabilmente non ha eguali tra le figure di baritono italiano. Il rapporto con i colleghi, la stima per i grandi direttori con i quali aveva collaborato sono senza dubbio ulteriori tasselli di un mosaico che ci porta a riguardare la figura di Gobbi come quella di un artista complesso, a volte criticabile, ma pur sempre appartenente a quella ristrettissima categoria di personaggi che hanno fatto la storia del Teatro Lirico negli ultimi cinquant'anni.

In definitiva quattro cantanti d'altri tempi, ognuno con le proprie caratteristiche peculiari, con i propri timbri, con i loro stili di canto, ma assolutamente di riferimento per tutti gli altri baritoni che sono subentrati e per quelli che attualmente calcano le scene di questo nuovo secolo.

Gigi Scalici

 
 
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